Mantova
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dovuto al duca di Milano ed alla Repubblica di Venezia, facendo dichiarare imperiali le terre che suo padre aveva avuto in feudo da quella. Fondò In Mantova l'ospedale Maggiore ed altre provvide istituzioni, tra cui il Collegio degli Avvocati; costrusse ponti sui fiumi del territorio mantovano, migliorò ed assicurò le strade esistenti ed altre ne fece aprire; chiamò artisti (fra cui il Mantegna) e letterati alla sua Corte. Durante il suo governo, nel 1459, il pontefice Pio II (Enea Silvio Piccolomnii) convocò in Mantova il famoso Concilio, al quale intervennero o mandarono ambasciatori tutti i principi cattolici, avente pei iscopo di proclamar la Crociata contro il Turco, che, impadronitosi di Costantinopoli, ove aveva abbattuto l'Impero d'Oriente, minacciava seriamente anche l'occidente d'Europa e tutta la Cristianità. Principi ed ambasciatori diedero eccellenti speranze al pontefice e grandi assicurazioni di aiuti; ma chi veramente rimase a fronteggiare l'invasione ottomana fu la Repubblica di Venezia per due secoli e più, gloriosa protettrice della civiltà occidentale contro gli assalti della barbarie asiatica.
Nel 1463, sotto il reggimento di Ludovico, Mantova fu percossa da una fierissima pestilenza, che fece strage dei suoi abitanti. Allora la popolazione della città, computata per parrocchie, ascendeva a 26,1-07 anime. Ludovico morì nel giugno del 1478 nel castello di Goito, sua residenza estiva prediletta, avendo prima fatta la divisione dei suoi Stati tra i figli maschi, staccando dallo Stato di Mantova il ducato di Sab-bioneta ed il principato di Bozzolo, cui diede ai suoi due figli minori. Al maggiore, Federico, marchese, toccò lo Stato di Mantova.
Le vicende sempre più calamitose di quel tristissimo scorcio di secolo tennero il marchese Federico Gonzaga sempre coinvolto nelle guerre, dalle quali fu afflìtta la Lombardia: alleato or dei ducili di Milano ora dei Medici di Firenze ai danni della Repubblica di Venezia, alla quale dovette cedere, per il trattato di Bagnolo, le terre di Asola e Lottato, Sembra anzi elio la menomazione del suo territorio impostagli da quel trattato lo accorasse tanto da esser causa della sua morte, avvenuta nel luglio del 1484.
Suo figlio, Gianfrancesco III, di sei anni appena, sotto la tutela della madre e degli zii, gli succedette. Fu dapprima alleato dei Veneziani e generale delle loro armi, combattendo per questi contro i Francesi di Luigi XII. Ma più tardi, avendo aderito alla Lega di Cambrai, per riavere le terre di Asola e di Lonato, si trovò ad aver contro da solo le forze della Repubblica, ritornata, dopo il primo sbigottimento, alla riscossa. Fatto prigioniero dalla Serenissima, venne reclamato per la mediazione di papa Giulio II e del sultano Bajazet II. Dopo questo fatto non s'immischiò più nelle pericolose vicende politiche del suo tempo, dandosi alle sole cure del suo Stato; protesse le arti, diede a Mantova alcune istituzioni di beneficenza e si dilettò in particola!- modo della caccia, per la quale manteneva 200 cani e 250 falconi ammaestrati. Durante il suo dominio la popolazione di Mantova salì a 32,000 abitanti. Morì nel marzo 1519.
Gli fu successore Federico II, natogli dalla celebre Isabella d'Este sua moglie, che fu pur madre del cardinale Ercole Gonzaga, splendido mecenate degli artisti del suo tempo. Fu nemico dei Francesi e si tenne sempre fedele ai Veneziani ed a Carlo V, il quale, in compenso, lo creò duca di Mantova, erigendo Viadana in marchesato titolare pei primogeniti della famiglia ducale, e per due volte visitandolo in Mantova.
Dalla moglie Margherita, figlia di Guglielmo Paleologo, marchese del Monferrato, ereditò quello Stato sul quale da Torino già appetivano i Sabaudi; introdusse nel Mantovano le risaie; creò gli Orfanotrofi per fanciulli d'ambi i sessi, il Collegio dei Medici; eresse il pubblico Macello ed altri utili edifizi.
Fra le sue imprese guerresche è notevole la parte da lui presa cogli Imperiali nella difesa e battaglia di Pavia. Fu nello spendere e in cose fastose il più largo dei principi di casa Gonzaga, rivalendosi poi con gravosi balzelli sulle popolazioni, non sempre lusingate dì far le spese della munificenza del loro principe. Egli fu il mecenate