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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincie di Cremona e Mantova
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1899, pagine 296

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Mantova
   237
   Appaiono « convinti per concorso di circostanze > Finzi e Cavallotto, segnalati entrambi di pessima fama politica, Montanari, Cesconi, Speri, Nuvola ri, Grazioli, I'edroni, Fernelli, Pastro, Donatelli, Semenza. Avevano confessato, previa constatazione di fatti, Mori, P»osio, Zannucchi, Malaman, Fattori, Bisesti, Vergani, Calian, Arvedi, Gyòrfy, Iviraly e [,azzati.
   Queste proposte, vagliate nel Consiglio superiore di Radetzky, subirono — per varie cause, nelle quali 11011 era estranea l'assoluta insufficienza degli indizi a carico, le pressioni delle deputazioni mantovane e veronesi — importanti modificazioni. Nella mattina del 21 febbraio 1853 i ventisette condannati vennero tratti dal castello e condotti al solito luogo sulla piazza di San Pietro (ora Sordello), ascoltarono le decisioni di Radetzky sulla sentenza proposta dalla Commissione Inquirente Militare. Di questi, per tre, cioè Tito Speri, bresciano, Carlo Montanari, veronese e Grazioli, mantovano, fu confermata la pena capitale; gli altri ebbero pene più 0 meno lunghe di prigionìa con ferri. Dopo le capitali, le condanne più gravi furono pel Finzi, pel Pastro, Donatelli e Semenza a 18 anni di ferri; pel Cavalletto e Fornelli a 16.
   I condannati a morte furono, collo stesso sistema subito dai loro predecessori, condotti in confortatorio per passarvi la regolamentare agonia dei tre giorni. Alla mattina del 3 marzo 1S53, fra fitta schiera di soldati, si avviarono al supplizio e morirono tutti e tre eroicamente, lo Speri in particola!' modo, dando prova di una tranquillità, d'una serenità d'animo, che commosse alle lagrime molti astanti ed altri ne fece inginocchiare a terra e pregare pei suppliziati. Gli altri condannali furono tosto fatti partire per Josephstadt ed altre galere interne dell'Impero.
   Pochi giorni appresso un'altra sentenza da portarsi all'approvazione di Radetzky condannava a morte il dott. Francesco Rossetti da Lodi e Pietro Frattini. La sentenza fu approvata pel Trattini e pel Rossetti mutata in 14 anni di ferri. Il 10 marzo, assai per tempo, la l'orca fu eretta di nuovo sullo spalto di Belfiore e da essa penzolò il corpo del Frattini, valoroso avanzo della difesa di Roma, morto come gli altri fieramente. Poche ore dopo, nella stessa mattinata, per raffinata crudeltà, mentre tra il dolore e lo sbigottimento di Mantova intera, il corpo del Frattini pendeva ancora dalla forca, venne pubblicato un rescritto sovrano, pel quale in occasione dell'onomastico imperiale cadente in quel giorno, « considerato, che della macchinate cospirazione erano già puniti i capi e i più rei, e che gli altri giudicandi si mostravano pentiti e chiedevano grazia, che infine la prosecuzione di quel processo minacciava allargarsi e precipitare in gravi sciagure troppe famiglie, erasi indotto a sopprimerlo ed a condonare a tutti gli inquisiti, dei quali pendesse il giudizio, la pena che potessero aver meritata, tranne ai profughi ed ai contumaci j>.
   Furono cinquantotto 1 liberati ili quel giorno stesso dell'indulto; ma la parziale allegrezza degli animi fu temperata dal senso dell'aspetto sparuto, sofferente ed istupidito del maggior numero di quei disgraziati e dalla sensazione prodotta in tutta la città dal vedere a passeggiare per le vie, a diporto insieme SU'aborrito auditore Kraus, ch'era stato l'anima del processo, colui, che la voce dei martiri e quella degli inquisiti, quasi unanimi aveva incolpato delle maggiori delazioni.
   Questa terribile pagina dei processi di Mantova, che 11011 ha pari, crediamo, nella storia dell'oppressione straniera, doveva avere un epilogo poco tempo appresso: fu il nuovo processo apertosi contro gli arrestati in Valtellina e nel Trentino, compromessi nei preparativi dell'insurrezione del Cadore, progettata dal valorosissimo Pier Fortunato Calvi, che già, durante la rivoluzione del 1848-49, era stato, dalla Repubblica di Venezia e dal presidente Manin, deputato alla difesa di quella forte libéralissima regione. Gli arrestati in varie parti, come partecipi di quel tentativo, vennero tutti inviati a Mantova e chiusi nel castello di San Giorgio, ove non era peranco spenta l'eco del passato processo: ed una Commissione Marziale, cou metodi press'a poco