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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincie di Cremona e Mantova
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1899, pagine 296

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   l'arte Seconda — Alta Italia
   simili a quelli della famigerata Commissione Inquirente Militare del 1851-52-53, istruì il processo. Come in casi siffatti avviene, si allargò subito la sfera del processo: si rivangarono indizi e compromissioni pei fatti del febbraio 1853, ed in Milano ed altrove seguirono tosto nuovi arresti. Il Kraus riprese di nuovo il suo ufficio, con aumentati poteri per l'aumentato grado, e mentre s'iniziavano i procedimenti contro gli arrestati, la polizia si dava un grand'affare per trovare sempre nuova materia al lavoro della Commissione Marziale mantovana. 11 lavoro di questa durava febbrile e prometteva, come per il precedente processo, buoni frutti, quando, nell'aprile 1854. per il matrimonio dell'imperatore, insieme ad altre indulgenze concesse agli afflitti popoli, essa viene soppressa, e sostituita da una Corte Speciale, mista dì magistrati e di militari, avente per ufficio di giudicare sull'accusa d'alto tradimento e ribellione. Durante il lavoro di questa Corte Speciale, die non fu molto più umana della Commissione Inquirente MilitnVc, avvenne l'arresto in Ungheria d'Orsini, emissario di Mazzini e di Kos-sutli, per tentare ima sollevazione militare in quel paese, da avere poi il necessario contraccolpo in Italia; l'Orsini venne, come gli altri, mandato a Mantova e chiuso nel castello di San Giorgio, donde doveva compiere la ìuaravigliosa e quasi incredibile — se non fosse seriamente e minutamente documentata in ogni suo particolare — sua fuga. Con questi ed altri arresti operati dovunque, gl'inquisiti nel castello di Mantova e carceri sussidiarie erano di nuovo saliti ad un gran numero, più d'un centinaio e ad acconciarli tutti lavorava attivamente la Corte Speciale di Giustizia. A taluno degli inquisiti, per strapparne, nel delirio febbrile, la confessione, fn propinata in bevanda la belladonna, tra questi un Yiinerrati, che dal castello uscì irremissibilmente impazzito. Tutti gli inquisiti indistintamente ebbero a soffrire, al pari dei loro predecessori, maltrattamenti d'ogni specie. Vittima principale di questa nuova mostruosa macchina processuale fu l'eroico Pier Fortunato Calvi, difensore del Cadore e di Venezia, al quale la sentenza capitale fu letta il 1° luglio dì quell'anno. Ebbe, secondo il solito, i suoi tre giorni di confortatorio nello stesso castello di San Giorgio, ove ricevette la visita del fratello e di qualche amico. Invitato a far ricorso alla clemenza sovrana, che forse, per le grandi simpatie inspirate dovunque e fra gli stessi suoi giudici non gli sarebbe stata negata, egli ricusò. Per lui la forca non venne piantata sugli spalti maledetti di Belfiore, ma fuori di porta San Giorgio, sui terrapieni che verso il lago fronteggiano il castello. Non \i fn per Ini l'apparato ed il cerimoniale odioso seguito per ì precedenti supplizi. L'Austria cominciava a spaventarsi della propria opera, destante ribrezzo in tutto il mondo civile e tirava a far le cose alla spiccia.
   L'esecuzione avvenne la mattina del 4 luglio. Per andare al supplizio egli si vestì dei suoi migliori abiti ed in luogo delle manette, per distinzione speciale, gli fu applicata la catenella militare. Prima d'uscire dalla segreta accese un sigaro. Molto popolo era affollato sulla piazza delle Gallette, attigua al castello, per vederlo a salire in carrozza e dargli un saluto. « E c'erano molti ufficiali, forse italiani, i quali non ebbero alcun riguardo di fargli onore e di accompagnarlo buon tratto finché la carrozza andava adagio, Stendendogli ripetutamente la mano con alt: segni di rispetto e di devozione >. Sali stoicamente la scala del patibolo; ma per difetto della forca o per imperizia del carnefice penò a lungo prima di morire, del che tutti gli astanti inorridirono. Gli altri cooperatori del Calvi, nella sognata impresa della sollevazione del Cadore, ebbero la pena di morte commutata nei lavori forzati per 18 anni; cosi pure all'ing. Orioli, fratello del sacerdote, martire del 1851.
   Furono tutti condotti ai soliti ergastoli nel cuor dell'Impero, ove già trovavansi in buon numero ì patrioti italiani condannati nei precedenti processi
   Frattanto continuavano i processi contro Orsini ed altri numerosi inquisiti, poiché la polizia ostinavasi a voler rintracciare le fila in parte ancor misteriose del moto del G febbraio 1S53 in Milano e dì altre vere o supposte cospirazioni, Frattanto Orsini,