Mantova
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dalla segreta nella quale era stato posto, colle lime sottilissime fattegli pervenire da una fidata amica, la signora llerovegh, venuta appositamente da Berlino a Mantova e quivi stabilitasi, eludendo, con arte di mirabile astuzia femminile, i sospetti e la vigilanza della polizia, preparava la sua fuga maravigliosa.
Fu quello un colpo di scena inaspettato, che per più di due mesi, in inchieste, esami e perizie, turbò il monotono andamento dei lavori processuali. La Commissione Speciale, che s'era lasciato sfuggire un sì importante prigioniero, predestinato candidato alla forca, fu da Radetzky scomposta e rifatta a nuovo. Il presidente Yisentiuo venne messo a riposo, gli altri sbalzati qua e là; la nuova Corte Speciale fu presieduta da un barone Kimperle, tirolese e consigliere d'appello. I'er ordini verniti da Vienna fu sollecitato il disbrigo dei processi e sul finire dell'agosto 1856 furono pronunciate le sentenze che condannavano il maggior numero degli inquisiti ai lavori forzati per una durata dai 7 ai 12 anni. Questi condannati, che furono gli ultimi, in parte vennero internati a Josephstadt ed altrove, parte furono messi nella stessa galera di Mantova o nel reclusorio di Padova, siccome toccò al dottor Arpesani di Milano.
Sul finire di quell'anno, sentendosi imminente nell'aria la riscossa, l'Austria pensò di ricorrere alle blandizie per trattenere il dominio che fatalmente le sfuggiva. L'imperatore compì il viaggio del Lombardo-Veneto; ina le freddissime, glaciali accoglienze più che altro lo fecero avvertito dello stato degli animi. Fu allora che, al 25 gennaio del 1857, da Milano diede il condono generale a tutti coloro che pei precedenti processi erano sostenuti in carcere: ordinò la soppressione di tutti i processi politici ili corso e lo scioglimento della Corte Speciale di Mantova. Fu questa amnistia l'unica cosa che suscitasse un senso di contentezza fra le popolazioni nel viaggio imperiale.
Foco più di due anni dopo l'Austria sgombrava, salvo che da Mantova, dalla Lombardia; e nell'ottobre del 1866, ceduto il Veneto alla Francia, mediatrice di pace, sgombrava anche da Mantova, ove in quegli anni nefasti, dal 1851 al 1856, aveva scritte le pagine più odiose della propria dominazione ili Italia e dove l'olocausto di tanti martiri generosi, scuotendo gli animi, aveva indubbiamente affrettati i destini della patria. --
UOMINI ILLUSTRI
Virgilio e Soruello. — Muntila me gemiti — Caìabri rapuere— Tenet mine Par-thenope — Cecinipascua, rara, duces; Con questo epitaffio, che Virgilio stesso compose per la propria tomba di Pozzuoli, doveva essere tolto ogni dubbio nei posteri sulla terra che fu madre al più grande poeta della latinità. Al contrario. Vi furono di quelli che a diciassette e più secoli di distanza pretesero di saperne assai più del poeta (YEnea e di Dido circa al luogo ov'egli ebbe i natali. Tra questi il Maffei, che per sottrarre a Mantova la gloria di questo suo gran tìglio, volle dimostrare che Andes (Pietole ed ora Virgilio), la terra nella quale Virgilio vide la luce, appartiene al territorio veronese anziché al mantovano. Ma questa postuma lezione di geografia data al grande poeta, non ha giovato a cambiare la verità delle cose. Inutile fu l'arzigogolare dei pedanti, contro cui, oltre dell'epitaffio più sopra riportato, stanno molti passi dei poemi di Virgilio e le indagini accurate di dotti Mantovani, gelosi e teneri delle glorie patrie.
Che Virgilio fosse di Pietole, terricciuola vicinissima a Mantova — tanto da esserne
compresa nel raggio delle fortificazioni — era tradizione radicata di Dante, che nel
divino poema (Purgatorio, canto xvin), dice :
E quell'ombra gentil per cui si noma Pietola più che villa mantovana. . .
E che Pietole e non Bande presso Cavriana — siccome vogliono il Maffei ed altri — sia l'Andes virgiliana, lo prova direttamente il conte Arrivabene ilei pregevole suo