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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincie di Cremona e Mantova
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1899, pagine 296

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Mandamenti e Comuni del Distretto di Castiglione delle Stiviere
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   mirabile d'affinamento delle loro lande e la cura pietosa colla quale, in simmetria, queste vennero interrate insieme ai morti guerrieri o cacciatori, Da questi tempi primitivi bisogna fare un salto di parecchi secoli per raggiungere il nome di Asola nei tempi storici, cominciandosi ad averne notizie nei bassi tempi allorché la sua chiesa era già una delle più cospicue della regione. Subì per contraccolpi gli effetti delle vicende politiche che si svolgevano nei maggiori centri circostanti, Brescia e Mantova innanzi tutto, poi Cremona e Verona.
   Nel secolo XII Asola era già retta a Comune; nel secolo successivo e nel XIV ebbe a subire le lotte intestine fra nobili e popolani, fra Guelfi e Ghibellini. Fu soggetta a Brescia, a Mantova e Verona. I Gonzaga la tennero per qualche tempo e la perdettero nel 1440, essendosene impossessati i Veneziani, in guerra con Filippo Maria Visconti. Nel 1483 fu rioccupata dal marchese di Mantova, Giovanni Francesco II Gonzaga; cui, tre anni dopo, la ripresero i Veneziani. Nel 1509, dopo la battaglia di Agnadello, sì disastrosa per le armi venete, Asola passò in potere di Ludovico XII re di Francia; ma, nel 1515, i Veneziani poterono ricuperarla e la tennero finche, nel 1797, il trattato odioso di Campofonnio tra Bonaparte e l'Austria, non ebbe uccisa la loro antica e purtroppo cristallizzatasi Repubblica. Per tutto il tempo in cui fu soggetta a Venezia Asola era, amministrativamente, legata a Brescia. Fu il governo del Regno Italico prima e dell'Austria nella sua seconda dominazione che l'aggregarono e più razionalmente a Mantova.
   Uomini illustri. — Intorno alle vicende d'Asola ha scritta un'interessante monografia il signor Domenico Bernoni, che illustrò pur con un'erudita memoria la vita d'Antonio Biado, asolano, onore della tipografia italiana in Venezia ed in Roma nella prima metà del secolo XVI. Antonio Biado nacque in Asola nel 1490: da giovinetto fu condotto in Venezia, ove apprese l'arte tipografica in quella celebre officina ove lavoravano già, e salirono poi ad alta rinomanza, gli asolani tipografi Andrea, Federico e Francesco Torresani, coi congiunti e soci Aldo e Paolo Manuzio. Non si sa per quali motivi, se non fu per semplice istinto di novità o per certezza eli maggior guadagno, il Biado si trasferì poscia da Venezia a Roma; certo è che lo si rinviene nella città eterna intorno al 1521. Aveva la sua officina in quelle medesime Case cW Mossimi, dalla quale Roma — dice il signor Bernoui — vide uscire i primi libri impressi. Nel 1547, dalle case dei Massimi il Biado trasferisce i suoi torchi in Campo dei Fiori, ove compì le sue maggiori pubblicazioni e dove rimase lino alla morte.
   La gloria del Biado è quella d'aver pel primo messe in luce le opere di Nicolò Macehiavelli, lo scrittore per molte ragioni più impressionante e più fortemente italiano del suo tempo. Le opere del gran segretario fiorentino vennero stampate dall'asolano Biado in Roma col seguente ordine cronologico: Il Libro del Principe, 4 gennaio 1532; Le H istorie, 25 marzo 1532. La Curia romana, che aveva dato il permesso ed i privilegi necessari per siffatte pubblicazioni, se ne trovò pentita e fece incetta del maggiore numero possibile di quei libri, per toglierli dalla circolazione e pubblicamente arderli sulla maggior piazza del luogo. Questa è la cagione perchè i libri di Mac-chiavelli, stampati dal Biado, sono fra i più rari incunaboli della tipografia italiana. Per questa pubblicazione il Biado ebbe a soffrire noie grandissime e persecuzioni tanto dalla Curia che da implacabili avversari, nei letterati o uomini di penna, come allora dicevansi. Antonio Biado morì in Roma nell'anno 1567; i suoi tìgli Gerardo e Paolo continuarono nell'industria tipografica, pubblicando pregevoli edizioni di testi sacri, quali: le opere di San Bonaventura, 15G9; la Somma di San Tommaso, 1570-71; le opere di San Giovanni Grisostomo, 1580; e fra i classici il Cicerone coi commenti del Vossio (1575); Aristotile, coi commenti di Stecker (1577).
   Le edizioni bladiane, le prime specialmente, hanno molto pregio e sono ricercatissime per bellezza e rarità. Una particolarità poi delle pubblicazioni bladiane si è