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l'arto TVrza — Italia Centrale
aperto. Questo promontorio è per vero una montagna perfettamente isolata come quella eli'è separata dai Le pini presso Terracina da una striscia costiera piana ed arenosa, larga meno di un chilometro e formante la estremità meridionale della pianura delle Pontine; ma questo deposito allindale, che solo congiunge l'uno all'altra, deve essersi formato in un periodo di gran lunga anteriore allo storico.
Il promontorio Circeo formava il limite meridionale del Lazio nel significato originario. Nel lato opposto delle paludi Pontine ergesi l'alto gruppo suddcscritto delle montagna dei Volsci, le quali sono separate per la valle del Trero, o Sacco, dalle catene più immediatamente collegate all'Àpeimino centrale e che erano abitate dagli Equi e dagli Erinci. Tutti questi distretti alpestri, del pari che quelli abitati dai Volsci a sud del Liti intorno Arpino ed Atina, partecipano del medesimo carattere generale: sono formati quasi per intiero da masse e greppi di montagne calcari che levatisi di frequente a grande altezza e molto precipiti, mentre in altri casi i loro fianchi son vestiti ili magnifiche selve di quercie e castagni e 1 loro declivii più bassi sono attissimi alla coltivazione della vite, dell'ulivo e del grano.
L'ampia valle del Trero o Sacco, che stendesi dalla radice del colle di Preneste alla valle del Liri, è contornata ai due lati da colline coperte della vegetazione più rigogliosa con alle spalle le eccelse catene dei moliti Lepini ed Ètnici. La valle solcata dalla via Latina forma una linea naturale di comunicazione dall'interno del Lazio alla valle del Liri e per conseguenza alla Campania e la sua importanza sotto l'aspetto militare apparisce in molte occasioni nell'istoria romana.
L'ampia valle del Liri stesso apre un'agevole ed ininterrotta comunicazione dal cuore deirApeuiuno, presso il bacino del Fucino, alle pianure Campane. Dall'altro lato l'Anio, od Aniene, che lui le sue fonti nelle aspre montagne presso Trevi nel Lazio, 11011 lungi da quelle del Liri, scorre in direzione sud-ovest, e, dopo di aver cambiato repentinamente per due o tre volte il suo corso, precipita, per ima stretta gola, da Tivoli nella Campagna romana.
La maggior parte del Lazio, paragonata ad alcune altre regioni d'Italia, non è un paese di grande fertilità naturale. Dall'altra banda l'aspetto brullo e desolato che presenta oggidì la Campagna è assai atto a porgere un'idea molto erronea, come vedremo 111 seguito, della sua natura e delle sue risorse. La maggior parte della pianura vulcanica non solo oifre buoni pascoli alle greggi e alle niaudre, ma è capace di produrre quantità ragguardevole di granaglie, mentre le pendici dei colli sono atte da tutti i lati alla coltivazione della vite, dell'ulivo e di altri alberi fruttiferi.
Il \ ino dei colli Albani era rinomato a' tempi di Orazio, che così lo vien celebrando nell'ode xi del libro ìv :
Est milìi notatili superantis itiinum Plcnus A Untiti cadili.
Lti vino che stillò d'Alitane viti
Un doglio pien due lustri ho gin serbalo;
mentre i fichi di Tusculo, le nocciuole di Preneste e le pere di Crusttiinio e di Tivoli erano del pali vantate per la loro .squisitezza (1).
Nei primi tempi dell'istoria romana la coltivazione del grano doveva essere, dal numero delle piccole città sparse sulla pianura laziale, assai più estesa di quello che al dì (Peggi; ma, sotto l'Impero romano ed anche prima della fine della Repubblica, pai vi fosse una tendenza sempre crescente a diminuire la. quantità di coltivazione arabile e ad accrescere la pastorale. Nonpertanto i tentativi fatti anche modernamente pei promuovere l'agricoltura in vicinanza di Roma hanno dimostrato abbastanza clic
(1) AIackob., Sat., u, 11-, 15; Cato, R. liust., 8.