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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincia di Roma
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1894, pagine 679

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Parie Terza Italia Centrale
   pascoli, 95,4)10 terreno arabile, 3115 vigne, 1140 valli paludose e stagni, 39,340 selve e macchie.
   Nelle selve predominano le quercie d'ogni specie, quindi gli olmi, i frassini, i faggi, gli aceri, gli alberi da frutta e, sulle alture vulcaniche, i castagni. I lembi acclivi delle valli sono alberati lungo la costa marittima; per contro, la macchia forma ima cintura alla costa stessa larga parecchi chilometri.
   Il maggior provento è l'affitto dei pascoli per le greggi che scendono periodicamente dalle montagne dell'Umbria e dalla Sabina nella Campagna; circa 100,000 ettari affit-tansi dall'ottobre al maggio. I 4-50,000 circa capi di pecore danno un gran numero di agnelli {abbacchi), le cui pelli e la lana vanno a Roma e il cacio pecorino nel Napoletano in gran parte. La produzione della lana ragguagliasi a circa 800,000 chilogrammi.
   Il prodotto della granicoltura, è por contro assai scarso, perche i possidenti preferiscono generalmente il pascolo. Da ciò la selvatichezza e la nialsama della Campagna a cui le leggi tentarono ah antiqua di por riparo restringendo i pascoli, ai quali la natura ha appropriato sì fattamente il terreno che non abbisogna di alcuna coltura particolare ; dopo le prime pioggie dell'ottobre veggonsi que' campi sterminati verdeggiare rapidamente e porgere alle greggie innumerevoli un ricco alimento; l'autunno e l'inverno vestono il terreno di 1111 manto primaverile.
   E non pertanto com'è desolata questa pianura! Quale uniforme, sinistro e morto spettacolo non offre allo sguardo la prima vista di quei pascoli interminabili, di quel deserto senz'alberi ! Come stringe il cuore l'aspetto di quella solitudine spaventosa appestata nella state dalla malaria che va crescendo di pari passo con lo spopolamento!
   Quale quadro delle mutazioni e distruzioni d'ogni fatta 11011 è questa Campagna per Io storico e l'archeologo! Nei primi quattro secoli della Repubblica, quando l'agricoltura formava ancor parte dei doveri dei cittadini, i Romani, i nostri grandi antenati, sapevano accoppiare la vita semplice dell'agricoltore e del guerriero ai fatti dell'uomo di Stato come niuii altro popolo prima 0 poi. Persino il generale coltivava con le proprie mani il suo campo. Senza la grande ricchezza agraria Roma 11011 avrebbe potuto imprendere e proseguire le gloriose sue guerre; l'agricoltura toccò perciò l'apice 111 quel periodo.
   Ma, già nel secolo dei Triumviri, scomparisce coi costumi semplici, coi possidenti mediani e col numero decrescente dei contadini, anche l'agricoltura libera. Gli sbandi-nienti in massa amalgamarono i piccoli poderi nelle possessioni colossali e di patronato (latifondi) dei grandi, donde poi il noto assioma Latifundia Italiani perdidenoif.
   La Campagna, orbata de' suoi liberi coltivatori, fu invasa ed occupata, mercè i tesori dell'Asia, da ville su ville, da palazzi e giardini e gli schiavi coltivarono i campi. Le elargizioni in granaglie, fatte dagli imperatori, resero la granicoltura nel Lazio irrimu-nerativa e il territorio intorno a Roma fu apprezzato secondo il valore che aveva per costruirvi parchi, villeggiature e luoghi di delizie.
   Questa grandiosa economia rurale fu la prima causa della rovina della Campagna. Dove sorgevano in addietro città piene di vita e di floridezza, stendevansi poi il dominio signorile e il pascolo. Ma le colonie sotto l'Impero fecero risorgere e rifiorire molte città cadute. Plinio aveva ancora il suo podere sulla costa, non lungi da Ostia; l'imperatore Adriano, la sua villa a Tivoli; l'imperatore Commodo fu ancora inviato dai medici a passar l'estate a Laurento; e, nei primi tempi dell'Impero, Strabene non registra, come malariche, che le adiacenze di Ardea, d'Anzio e le paludi Pontine, persili nelle quali fu sanato, mediante la coltivazione, qualche tratto di terreno.
   Ma le successive incessanti devastazioni della Campagna nel III secolo, pei Goti e i Vandali sotto Alarico e Genserico, Ricimcro ed Odoacre, nel VI secolo per Vitige e Potila, nell'Vlll secolo pei Longobardi sotto Astolfo, e più tardi ancora pei Normanni e 1 Saraceni e per le guerre civili dei Baroni, spinsero la Campagna nella più profonda