Il Lazio
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miseria, aggravata dalla traslocatone doi Papi in A \ ignone. lutti 1 grandi sforzi dei Papi successivi, la canalizzazione, il prosciugamento, la fognatura, la colonizzazione, 11011 valsero a liberar la Campagna dalla malaria.
Oggidì quel deserto interminabile stemlesi intorno a Poma corno mi teatro abbandonato dall' istoria, coperto dalle rovine del inondo antico e dall' evo medio. Verso il mare l'antico Lazio scomparso, a nord il mondo sepolcrale degli Etruschi, a est le distrutte ville imperiali, a sud le vetuste unirà della città e in ogni dove castelli l'elidali diruti. Un campo immenso e solitario di sepolcri e di nidori dinanzi alle porte della città mondiale, della capitale del nuovo Regno d'Italia 1
Dal superbo San Paolo fuori le mura tino alla già sì florida Ostia non incontransi che poche fattorie; da Castel Fnsano sino ad Anzio, che pastori isolati e senza famiglie; i buoi ed i bufali ne sono gli abitatori principali. Dalla mal popolati Ardea alle montagne della Sabina, alcuni pochi sparsi casali. E non pertanto quale impressione grandiosa e profonda non lascia nell'animo di chi lo percorre lo spettacolo di questo deserto I
La coltivazione delle Tenute non è eseguita dai proprietari di esse, sì dai grandi littaiuoli, i mercanti di campagna. Di molte tenute il fitto ascende ad oltre 30,000 lire annuali e solo ricchi capitalisti possono perciò prenderle a fitto. Avviene così clic l'intiero possesso territoriale della Campagna, romana trovasi nelle mani di circa 90 mercanti soltanto, dei quali molti hanno a fitto parecchie tenute, e formanti una stretta corporazione speciale. Son piuttosto industriali che agricoltori e lavorano coi proprii capitali, il proprio bestiame e i proprii mezzi di comunicazione e di trasporto.
Il fittaiuolo in grande può subaffittare porzioni della tenuta, principalmente i pascoli. Il mercante, che è in pari tempo amministratore, agricoltore, banchiere e commerciante, ha sotto di sò un ministro o fattore, qual dirottor principale, dei lavori campestri nella tenuta, con un ninnerò corrispondente di domestici, i quali ricevono un annuo stipendio stabilito e in molte tenute ve n ha persino ima quarantina; vengono quindi i carrettieri pei trasporti e i pastori stabili, uno per 100 capi di bestiame. I lavoratori traggonsi dalle provincie vicine. I caporali ne vanno in cerca, li fissano a loro rischio, li conducono al lavoro e li sorvegliano. I lavoratori stessi sono distribuiti in isquadre con salarii varianti. Le loro abitazioni sono capanne in forma di piramide a foggia degli antichi tumuli mortuarii, ingegnosamente costrutte con pali o con grosse canne (annido donax), corde di canapa, frasche e zolle, con compartimenti interni in tavole, talora capaci di contenere parecchie decine di persone, divise in famiglie, ma pur troppo uon raccomandabili come tipo di abitazione igienica e civile, anzi bene spesso inferiori per questo riguardo a molti ricoveri d'animali.
Anche per questa ragione accade non di rado che i lavoratori preferiscano nella malsana stagione estiva di dormire all'aperto, disposti ili circolo colle donne al centro per proteggerle da ogni offesa ; essi avvolgonsi allora in pelli pecorine e rintuzzano con grandi fuochi le perniciose esalazioni del suolo.
L'alimentazione si compone generalmente di pane, cacio e cipolle, annaffiati da un po' di vino. Certamente grande è la mortalità fra questa gente, dacché fra 100 lavoratori 5 cadono vittime delle febbri. L'introduzione delle moderne macchine agrarie va modificando a poco a poco questo metodo antico di coltivazione.
In molti luoghi l'aratro è ancor quello adoperato dagli antichi Romani con le così dette gamara e fibiara; l'aratore lo tiene con una mano, e quando il vomere non si addentra bastantemente nella terra, vi sale su per calcarlo e si fa trascinare. Da quattro a sei bovi sono appaiat i al giogo, che chiamano burro ; ma da alcuni anni si è cominciato ad applicare qua e là la più vantaggiosa perticava.
L'arare è lento e faticoso, dovendosi ìli diversi tempi reiterare persin fi volte in varie direzioni per dissodare il terreno lasciato per tre o quattro auni in maggese pel