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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincia di Roma
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1894, pagine 679

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Parte Terza — Italia ('.entrale
   troviamo che, da Bonifacio Vili sino a Pio VI, non meli di quindici pontefici diedero mano a questa grande impresa. La maggior parte dei loro sforzi ottennero un successo parziale e transitorio, nessuno un compiuto e duraturo per varie cagioni che troppo lungo sarebbe discorrere.
   Dei metodi sanatorii adoperati da Appio Claudio e ili seguito dal console Cornelio Cetego poco sappiamo, quantunque, non solo la strada, ma le traccie di certi canali per deviarne le acque e le alzate per proteggerla dalle piene improvvise siano attribuite tradizionalmente al primo.
   Giulio Cesare vuoisi maturasse nella sua gran mente un disegno degno di lui, quello vale a dire di deviare da Ostia il corso del Tevere ed avviarlo, a traverso il territorio e le paludi Pontine, al mare a Terracina. Questo grande progetto che esistè soltanto nella mente del dittatore peri con lui e diede luogo a quello più modesto ina più praticabile di Augusto, il quale si sforzò ad asportar le acque superflue coll'apertura di un canale lungo tutta la via Appia, da sopra il Forum Appli al bosco di Feronia.
   Fra usanza imbarcarsi nottetempo su questo canale, come riferisce Strabene e fece Orazio, perchè i miasmi che si alzano dalle acque paludose son men nocivi durante la notturna frescura che Bèlla caldura diurna. Molti degli inconvenienti delle paludi perduravano però sempre come narra Orazio (1):
   Aqua.....teterrima .....
   mali culices, ranaeqite paliislres.
   Questo canale aperto da Augusto rimane però sempre ed addimandasi La Cavata.
   Il lusso e la politica improvvida dei successori immediati d'Augusto e le guerre civili che infuriarono sotto Galba, Ottone, Vitellio e Vespasiano divertirono la loro attenzione dai lavori di pace e di migliorìe per modo, che le paludi Pontine rintristirono e le acque fangose crebbero sì da rendere quasi impraticabile la via Appia come leggesi in Silio Italico (2):
   Et quos pestifera Pontini uligine campi;
   Qua salame nelnilosa palus reslagnat, et atro Licentes coeno per squalida turbidus arra Cogit aqitas Ufens atque infidi (tequora ìinw.
   L'imperatore Nerva ripigliò finalmente i lavori di risanamento e il suo glorioso successore Traiano li proseguì per dieci anni e con tanta attività che tutto il tratto da Treponti a Terracina fu prosciugato e la via Appia restaurata intimamente.
   Codesto fatto è commemorato da tre iscrizioni: una in lapide marmorea a Treponti, l'altra più esplicita rinvenuta sulla via Appia e la terza incastrata nelle mura della cattedrale di Terracina.
   Durante i rivolgimenti dei secoli successivi le paludi furono di bel nuovo inondate e di bel nuovo prosciugate da Cecilio Decio nel regno di Teodorico, il (piale gliele aveva cedute e i lavori che luronvt allora eseguiti riuscirono de' più ragguardevoli.
   Dei vari papi che li ripigliarono Bonifacio II, Martino V, Sisto V e Clemente XIII li proseguirono con vigore, ma il loro breve regno o la penuria di danaro fecero sì che rimasero a mezzo. La gloria di terminar finalmente la grande impresa, tante volte tentata e sempre frustrata, era riserbata a Pio VI al quale, non sì tosto assunto, liei 1775, alla Sede pontificia, presentaronsi due compagnie di Lombardi e Francesi proponendogli il risanamento delle paludi Pontine. Pio respinse le offerte e si accinse egli stesso alla grande impresa, eleggendone direttore l'ingegnere idraulico Gaetano Rapi® bolognese.
   (1) Sat., iv, 7 1 k
   (2) Bèi Puh.