Parte Terza — Italia Centrale
sii greco, eppereiò derivato probabilmente da una fonte pelasgica; l'altro connesso strettamente ai dialetti osco ed umbro dell'Italia centrale. A ciò egli aggiunge l'osservazione importante che i termini risguardanti la terra e le armi appartengono quasi esclusivamente alla seconda classe, laddove quelli dell'agricoltura e della vita domestica hanno la più parte una grande rassomiglianza ai corrispondenti termini greci (1).
Noi possiam quindi ragionevolmente inferire che il popolo settentrionale conquistatore era una razza affine agli Osclii, ai Sabini ed agli Umbri che noi troviamo stabilita ne' tempi storici nelle medesime o nelle regioni adiacenti degli Apennini e che gli abitanti della pianura sottomessi da essa, e con cui essa si mescolò a grado a grado (come i Normanni co' Sassoni ili Inghilterra), erano una razza d'estrazione pelasgica.
Quest'ultima circostanza consuona con le inferenze da trarsi da parecchie delle tradizioni storiche o relazioni trasmesseci. Per tal modo, Catone rappresentò gli Aborigeni (cli'ei pare abbia identificati coi Siculi) come di estrazione ellenica o greca (2), con che gli scrittori romani altro spesso non intendono che estrazione pelasgica: e i Siculi, dove ricompaiono nel mezzodì d'Italia, trovansi indissolubilmente connessi con gli Enotrii, una razza di cui l'origine pelasgica è bene assodata.
Il popolo Latino puossi così considerare come composto di due razze distinte, membri anibidtie della granile famiglia indo-germanica, tua appartenenti a rami diversi di codesta famiglia — una congiunta più strettamente col ceppo greco o pelasgico, l'altra a quella razza che, sotto le varie forme di Umbri, Osclii e Sabelli, costituì la base della maggior parte della popolazione dell'Italia centrale.
Ma qual che sia il valore che si possa annettere alle succitate tradizioni storiche, certo è che 1 due elementi del popolo Latino eransi fusi indissolubilmente prima del periodo in cui comparisce primamente nell'istoria: la nazione latina, del pari che il linguaggio latino, è sempre considerato dagli scrittori romani quale un tutto organico.
Noi possiamo, con sicurezza, ricusare di ammettere l'esistenza dì un terzo elemento come rappresentante gli immigranti o i coloni trojaui. i quali, giusta la tradizione comunemente accolta dai Romani stessi, formavano parte integrante della nazione latina. La leggenda dell'arrivo di Enea e della colonia irojana è probabilissimamente una mera finzione adottata dai Greci (3): quantunque possa aver trovato qualche appoggio avventizio dall'esistenza di usanze e di riti religiosi i quali, essendo d'origine pelasgica, ricordavano quelli trovati fra le razze pelasgiche sulle spiaggia dell'Egeo. E in conformità di ciò noi troviamo tracci e di leggende consimili connesse col culto di Enea e dei Penati in vari punti lungo le coste dell'Egeo e del Mediterraneo, tn tutto il tratto dalla Trottilo al Lazio (4).
Il culto dei Penati a Lavinia in particolare parrebbe fosse strettamente connesso col culto Cabirico sì prevalente fra i Pelasgi e quindi questa città fu scelta probabilmente quale supposta capitale dei l'rojaui nel loro primo stabilimento in Italia.
Ma, quantunque codeste tradizioni, del pari che i sacri riti che continuarono ad essere praticati sino ad un tardo periodo della potenza romana, additino Lavinio quale antica metropoli del Lazio che ritenne il suo sacro carattere lungo tempo dopo ch'era scomparsa la sua potenza politica, tuttavia le tradizioni più antiche rappresentano Alba e non Lavinio quale città principale dei Latini, quando codesto popolo comparisce primamente in relazione con Roma.
È possibile che Alba fosse la capitale della razza Osca conquistatrice, come Lavinio era stata quella dei Pelasgi conquistati, e che siavi stato così qualche fondamento
(1) Nieuuhr, voi. I, pp. S2-S3; Donaldson, Varroitìauus, p. 3.
(2) Cat., Op. Dionys., i, li, 13.
(3) ScHWE(iLEK, Rum. Gesch., voi. I, pp. 310-326.
(4) DiOiNts., I, iLi-55; Klausen, detteti* unU die l'enalcn, Uh. 3.