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Alla line del secolo XIII ed ai principia del successivo, il Connine aveva fatto considerevoli progressi ed acquistato una importanza relativa. Nel 1208 Bonifacio Vili ne accettava ed esercitava, per delegazione, la podesteria per 1111 semestre (Jo. Ruuens, Vita, libi i, 8; Arcìi. di Castel Sant'Angelo in Roma, arni, x, cas. 4, fase. 2) e nel 1328 chiudeva le porte all'imperatore Ludovico il Bavaro, reduce col suo esercito dal sacco e dall'incendio di Cisterna: c per la qua] cosa gli convenne star fuori, a gran disagio a campo » (G. Villani, Cron., lib. x, c. 70).
Ma il fatto più notevole di Velletri medioevale, che le dà un'impronta propria ed una grande importanza tra le città del Patrimonio e della Marittima e Campagna, sta nello stato di lotta quasi permanente con il Comune di Roma e i baroni romani.
È nota la doppia pretesa dei papi e del popolo romano di considerarsi quali legittimi eredi e continuatori dell'autorità del sacro romano impero. Il Comune di Velletri, sorto tra questi contrasti, seppe avvantaggiarsene, facendosi schermo alle pretese dominatrici di Roma coH'autorità, spesso vacillante, del papa, che appoggiavasi, alla sua volta, sopra ima popolazione liera, bellicosa e fida. Il suo statuto, la cui compilazione rimonta al secolo XIII e forse al XII — la data precisa è incerta — fu schiettamente popolare. E tale doveva essere, dappoiché significava antitesi ai baroni, colla prevalenza della borghesia agricola e delle corporazioni d'arti e mestieri.
Leila reci udescenza di questa nuova lotta con Roma abbiamo particolari notizie del 1228, nell'insurrezione dei Romani, guidati dagli Annibaldeschi, contro Gregorio IX. Le Scorrerie, devastazioni ed uccisioni da una parte e dall'altra, le difjidazioni della Curia, del Campidoglio e le conseguenti riuffiduz'toni contro ì continuaci veliterni, le quali si risolvevano in vere impunità, sono ricordate dal cronista velletrano Ascanio Laudi.
Il trasferimento della sede pontiticia m Avignone sospese momentaneamente le ostilità, e il Comune con savio accorgimento si indusse alle capitolazioni del 1313. In esse la nomina del podestà fu deferita al Comune di Roma: il podestà doveva essere cittadino romano, come il giudice, la nomina del quale risen avasi agli officiali veliterni ; non poteva stare in carica più di sei mesi, possedere beni stabili in città e doveva giurare l'osservanza degli statuti fatti e da farsi. La cognizione delle cause ni appello civili e criminali, superiori alle SI libbre, era devoluta alla curia del Campidoglio; era inibita ogni ingerenza ai grascieri romani indie cose di Velletri.
Queste le convinzioni principali, che salvavano, nella sostanza, l'autonomia comunale, consigliate dall'isolamento in cui trovavasi il Connine, ma che furono causa di quasi continue guerre e spietate rappresaglie in quel secolo, e d'interminabili controversie in parte del successivo. Contemporaneamente e fin dalla metà del secolo precedente, il Comune era lacerato dalle fazioni delle pecore, e dei lupi (Guelfi e Ghibellini); 1 interno della città si faceva fitto di torri, delle quali alcune ancora si vedono decimate e crollanti, dove asserragliavansi, con gran seguito, le famiglie più potenti (A. Borgia, Storia ili Velletri; C. Borgia, Descriz. di Velletri). 11 guelfisnio prevalente non giungeva a sopprimere del tutto la feroce opposizione dei lupi.
Non ostante, il Coniane ritrovava l'energia necessaria a rintuzzare colle anni gli attentati e 1 orgoglio dei baroni. La guerra mossa, per assoggettarlo, da Nicola Caetani, conte di l'ondi, aiutato da Pietro frangipani e dai signori di Giovano, durò, con esito a lui contrario, dal 1343 al 1348 (Pexj. dell'Ardi, segr.; A. Borgia, Op. cit., pag. 308). Nel 1353 le milizie di Velletri seguirono Cola di Rienzo nell'assedio di Palestrina contro Stefanelli Colonna (A. Borgia, Op. cit. pag. 310).
Più lunghe ed accanite furono le ostilità contro Onorato Caetani. figlio del conte Nicola, ai tempi del grande scisma d'Occidente (137S-13S9) e, per tacere di altri baroni minori, contro ì Colonna e i ISavelli le quali condussero alla conquista dei castelli di Lariano e della Fagiola. loro confiscati dalla Camera Apostolica (1433) e donati da Eugenio IV al Connine di Velletri (A. Borgia, Op. cit., p. 321 al §20, 332, 351- e seg.).