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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincia di Roma
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1894, pagine 679

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Circondario di Viterbo 001
   11 bacino del lago, circondato di ameni colli, è pittoresco e olire allo sguardo belle veditto, segnatamente da Itotiteiiaseone, ma questa bellezza ingannatrice nasconde la malaria nelle, sue forme più ferali; e le sponde del lago, quantunque non vi si veggano padnli, sono deserte, trattone pochi squallidi casali, disseminati sui declivi occidentali. Il terreno è coltivato in varie partì sino all'orlo del lago, ma i coltivatori non si attentano, nell'estate e nell'autunno, dormire uua sola notte nelle pianure in cui lavorano di giorno: ed un ampio tratto di bella e ferace campagna è ridotta in solitudine perfetta da questo flagello invisibile.
   Lo due isolette rocciose, sunnnentovate, la Bisentina e la Mariana, abitate da pescatori, interrompono la superficie del lago. La prima, detta Bisentina perchè giace dalla parte dell'antica città etnisca di Bisenzio ( Visentium), ha un perimetro di un miglio circa ed uua chiesa costruita dal Vignola pei Farnesi e decorata dal Caracci; conserva le reliquie di Santa Cristina, di cui mostratisi le orme sulla roccia, in prova della sua preservazione miracolosa dalla morte per annegamento a cui era stata condannata dai suoi persecutori pagani.
   L'altra isola, più piccola, del perimetro di mezzo miglio, si chiama la Mariana perchè trovasi quasi in faccia allo sbocco del fiume Marta. Vi si veggono tuttora i ruderi del castello ove fu relegata Amalasunta, regina degli Ostrogoti, unica figliuola di Teodorico e nipote di Clodoveo ; fu poi strangolata nel bagno, nell'anno 534 per ordine, o connivente il suo cugino Teodato, ch'ella aveva fatto compartecipe del trono.
   Dall'estremità sud del lago di Bolsena sbocca il suo emissario, la Marta, la quale passa per Toscanella e si scarica in mare sotto Corneto.
   Necropoli etnische. — 11 circondario di Viterbo va rinomato per gli antichi sepolcri etruschi di Castel d'Asso, di Morchia e di Bieda; dei due primi diremo qui in succinto, riserbandoci a trattare del terzo sotto San Giovanni di Bieda, in fine al circondario.
   Castel d'Asso (volgarmente Castellacelo) addimandansi le rovine pittoresche di un castello medievico sopra una collina, a circa 12 chilometri da Viterbo, e con attigue le rovine assai più antiche di una piccola città etrusea ricordata da Cicerone (prò Caec., 7) che la chiama un Castellimi in agro Tarquiniensi.
   Questa piccola antica città, detta Axia, pare occupasse l'angolo formato dai due tìu-micelli Rio Secco ed Arcione, scorrenti in borri profondi; con pareti precipiti ai due lati. Alcuni pochi frammenti delle antiche mura è tutto ciò che rimane dell'area della città scomparsa da lungo; ma il lato opposto o settentrionale della valle dell' Arcione, era manifestamente la necropoli della città ed offre un aggregato notabile di sepolcri. Sonvi non solo camere sotterranee scavate nella roccia, ma anche facciate architettoniche regolari con cornici ardite e modanature m rilievo, tagliate nel molle tufo onde si compongono le roccie. Variano in altezza da 3 % sino a 0 metri, ma hanno tutti una rassomiglianza notevole nel loro carattere architettonico ed occupano un'estensione ragguardevole della rupe in linea regolare come una strada (tìg. 243). Sopra molti di questi sepolcri veggonsi iscrizioni in caratteri etruschi, le cui lettere sono alte talfiata sino quasi 30 centimetri, e vi si osserva la forinola Ecasit od Kcamth inest ( KK ,\-V01N I-I A ), frequente nelle tombe etnische, che si suppone significhi vale, o addio.
   Dopo la scoperta di questi monumenti funebri, fatta da certo Anselmi di Viterbo nel 1808 e divulgata dal prof. Orioli di Bologna, molto se ne disse e scrisse, forse più di quel che meritino. Credesi che la loro architettura abbia una grande rassomiglianza all'egizia, ma è connessa più strettamente al dorico greco di cui per vero tutta l'architettura toscana non è che una modificazione. Nò havvi ragione alcuna per attribuire ad essi un'antichità remotissima; l'Orioli si appone probabilmente al vero ascrivendoli al IV o V secolo di Roma, l'are però dimostrino al fermo che Axia doveva essere un luogo di maggior considerazione nei tempi floridi dell'Etruria, che ai tempi di Cicerone;