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Parte Terza — Italia Centrale
Numerosi i monumenti sepolcrali nella navata a destra; quelli dei cardinali l'editti e Gonnella e il mausoleo della principessa Letizia Bonaparte, cugina di Napoleone III, il cui busto, sopra la porta del mausoleo, è del compianto Duprè. l'iti oltre, monumento a Giovanni XXI, ucciso, come dicemmo, a Viterbo. Nella navata a sinistra, sopra la porta della sagrestia, monumento al cardinal Gallo, con medaglione marmoreo, a carneo Nella prima cappella a sinistra, la gran conca battesimale, con intagli pregevoli, fu scolpita nel 1470 da mastro Francesco di Alicorni. Molte reliquie e biblioteca in cui conservansi Codici preziosi, fra i quali un esemplare manoscritto e miniato dell'opera il Pantheon, di Gottifredo Tignosi di Viterbo, cancelliere del Barbarossa e di Arrigo VI, clie fiorì nel secolo XII.
Il superba campanile della cattedrale, dichiarato monumento nazionale, sorge sopra una sostruzione massiccia, a quattro piani, con due li nostre gotiche a ciascun lato dei piani e bianche e nere fascie dì peperino e travertino. L'attigua casa medioevale fu conservata lino al dì d'oggi in tutta l'integrità della sua bella architettura.
Fra le altre chiese di Viterbo, merita ancor menzione quella di San Giovanni in Zoccoli, a capo della via delle Convertite — restaurata a spese dello Stato e anch'essa dichiarata monumento nazionale — del 1050 circa, con facciati di quell'epoca e con portone a stella e bellissimo rosone circondato dagli emblemi dei quattro Evangelisti e da grifoni. Nell'interno, un TrìUco di Francesco di Antonio da Viterbo (1442).
Citeremo per ultimo l'ex-convento di Santa Caterina, por la sua attinenza con la bella Vittoria Colonna, marchesana di Pescara, amata platonicamente da Michelangelo, la quale vi si ritirò nel 1541, rinunciando al mondo ed educando le giovani monache sino all'ultimo anno della sua vita (1540).
Le vie di Viterbo sono piene di palazzi antichi fra i quali il curiosissimo palazzo Chigi. La loggia è ornata ili freschi sbiaditi e parecchi dei camini sono magnifici, con gigli in bassorilievo. Le tappezzerie furono trasportate non ha gran tempo a Roma dal proprietario, il marchese Patrizi. L'alta torre, semi-diruta e con superba prospettiva, e il ritrovo d'innumerevoli colombi.
Nella piazzetta quadrata di San Pellegrino, nel tetro quartiere medievico di questo nome, sorge il palazzo degli Alessandri, con torri arditissime e di un'architettura così austera e singolare che non se ne trova riscontro nei monumenti rimasti di quei tempi. Appartenne sin dal secolo XIII alla famiglia degli Alessandri, una delle pili potenti e turbolenti nelle fazioni civili di quell'età. Sul finire del secolo XV o al principio del susseguente passò nei Poli ioni ed è orti abitato ila pacifici cainpagimoli.
Nella via Principe Umberto ergesi maestoso un braccio discretamente conservato dell'antico palazzo dei Gatti che occupava dal secolo XIII in poi una gran parte dell'area ove erano in addietro la chiesa e il convento dei Carmelitani Scalzi ed ora il palazzo di Giustizia, con la porta principale sulla piazza di Fontana Grande. In codesto residuo di maniero, già dei tiranni di Viterbo, son da vedere la massiccia solidità delle mura e gli stemmi dei Gatti, profusi nella facciata.
Poco lungi, nel lato sinistro della suddetta via Principe Umberto, è notabile una bella finestra in terracotta (fig. 248) del secolo XIII o XIV, sovracarica di un ricamo così elegante dì modanature e di fregi, da far deplorar la perdita, delle parti adiacenti.
Poco appresso, retrocedendo in via delle Fabbriche, si arriva alla piazza di Fontana Grande, detta in origine del Sepali, costruita in stile gotico, nel 120G, da Bertoldo di Giovanni e Pietro di Giovanni, modificata e compiuta nel 1270 (fig. 240). Appartiene itile fontane più belle di quei tempi e vi si sale per gradinate, ricinte da robuste sbarre ili ferro. L'acqua abbondante proviene da un acquidotto romano, fuori la porta ili San Sisto (oltre l'odierno penitenziario ili Gradi) e a meli di un chilometro di lontananza, costruito dal console Muiumio Nigro Valerio Vegeto, nel secolo IX di Roma, per condurre