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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincia di Roma
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1894, pagine 679

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   61G
   l'urte Terza — Italia Centrale
   conto dei denari dello Stato ch'eran passati per le sue mani e la restituzione di quel che avea trafugato in Vaticano; ma non ne potè venire aeapo; la peste che scoppiò m Italia distolse l'attenzione di tutti; Olimpia stessa fu fra le prime sue vittime; e suo figlio Camillo — a cui Innocenzo X avea dato balia di deporre il cappello cardinalizio e ili sposare la ricca principessa Rosane — si appropriò 1 tesori della madre e fondò la grande famiglia dei Pamtìli-Doria. Molte cose della loro grande antenata conservatisi ancora nel palazzo San Martino, fra le altre il suo ritratto e il suo letto con le cortine di cuoio.
   Il paese sta sul piovente occidentale (lei Cimini, alle falde del monte Fogliano (9(13ni.) che fa parte di essi, fra boschi rigogliosi di castagni. 111 aria salubre, con ampio ed ameno panorama/M una cinta di mura di circa un chilometro e mezzo di circuito; strade ampie e bei fabbricati. La chiesa, abbazia nulliit.s Boria Pumphili, è antica e di forma gotica, grandissima e molto bella, quantunque deturpata nel 1600 dai restauri che donna Olimpia vi fece. Il villaggio è circondato di villeggiature fra cui primeggia quella degli Zeli!, detta di Buon Respiro, dalla celebre grotta omonima, in cui aiurniransi giardini, ameni boschetti, viali, fontane ed uua ricca galleria. Olio, vino, castagne, legnami.
   Coli, elett. Viterbo — Dioc. San Martino al M, Cimino — P'J T. e Str. Perr.
   Vitorchiano (201-7 ab.). — Cenni storici. In un'iscrizione lapidaria Vitorchiauo è detto Vicus Orchianiis, ed alcuni lo vogliono edificato prima di Roma, altri da Desiderio, re ilei Longobardi e popolato (la una colonia (VOrdita o Orche, città situata nel territorio di Tarquinia, non lungi da Viterbo. Stette sempre sotto il dominio e la protezione di Roma; e fino agli ultimi tempi, con privilegio esclusivo concesso al paese, gli inservienti del Senato romano erano tutti ili Vitorchiauo per essersi mantenuto fedele al Senato di cui era feudo antico e per avere nel 1207 sostenuto l'assedio dei Viterbesi. Donile il nome di Terra fedelissima e l'istituzione del Corpo dei Fedeli, come leggesi in una lapide del 1713, in capo allo scalone senatorio in Roma.
   Siede Vitorcliiario su grandi massi di tufo, circondato da due rivi, è tutto fortificato e conserva in gran parte il carattere medievico. Le mura son costruite con pie-troni di peperino, munite di torrioni e merlate verso sud. Notevole il bel palazzo Municipale. Nelle regioni dette Poggio Ricotta e Paparano furono rinvenuti sepolcri romani. Vino, olio, frumento, legumi, ortaggi e pascoli; industria florida della tela tessuta dalle donne del paese.
   Coli, elett. Viterbo — Dioc. Baglióre® — P2 T. a Viterbo.
   Mandamento di ACQUAPENDENTE (comprende 5 Comuni, popol. 14558 ab.). — Territorio scoglioso in gran parte e tutto vignato, fertilissimo nei luoghi pianeggianti irrigato dal Paglia affluente del Tevere e attraversato dalla strada da Roma a Firenze. Acqua minerale di Torrealtina, ferruginosa, magnesiaca e sulfurea.
   Acquapendente (5607 ab.). — Cenni storici. Credesi l'antica città etnisca detta Acula od Aquula od Aquesium, da Leniurio Aquesio, principe degli Etruschi che l'avrebbe fondata 30 anni dopo l'immigrazione di codesto popolo ni Italia. Soggiacque coi l'alisei ai Romani e caduto l'Impero, passò in balia dei Longobardi ed appartenne a quella parte della Toscana detta Tuscia Longobardoruin. Anche dopo Carlo Magno continuò ad appartenere ai marchesi della Toscana longobarda.
   Ottone I dimorò in Acquapendente ed argomentasi che sua madre, la regina Matilde, facesse edificare, con gli avanzi del tempio pagano in cui i Falisci celebravano ì loro riti, la cattedrale di San Sepolcro. La città fu poi distrutta e riedificata da Arrigo IV. Dopo la morte della celebre contessa Matilde partecipò alle vicende della sua eredità contrastata e dal dominio di Federico Rarbarossa passò ad Alessandro III e poi di nuovo all'Impero. Nel secolo XV l'ebbero in governo gli Sforza, poi si diede ai Pontefici e nel 1649 fu dichiarata citta vescovile da Innocenzo X, in luogo della vicina