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Proseguendo a raccontare la storia di Terni, dopo l'uccisione degli imperatori Tre-lioniano Gallo e Volnsiano, colla decadenza dell'Impero decadde anche la città, come tutte le altre città d'Italia, e soggiacque poi alle incursioni dei barbari. Nel 1170 ) Carpi, popoli del Danubio, desolando le provincie e le contrade che attraversavano, giunsero a Terni, che presero a viva forza e saccheggiarono completamente. Dalla distinzione andò esente Narni, per l'opera caritatevole e le preghiere del vescovo San Giovenale f. È fama, che circa 3000 barbari fossero uccisi sotto le mura di quella città, gli altri si posero in fuga. Ben presto nuovi danni e gravi calamità afflissero Terni, allorquando il ribelle Enchiaiio si partì dall'Africa per combattere 1 imperatore Onorio, che fu incontrato ad Otricoli e rimasero morti 50,000 dei suoi. Terni soffri pure a causa dell'irruzione di Radagasio re dei Gepidi, il quale fu poi sconfitto da St il icone. Ma danni ben più gravi furono quelli dell'anno 409, in cui Alarico, alla testa ilei Goti, irruppe nell'Umbria, saccheggiando e devastando tutti ì territorii che attraversava. Avendo l'imperatore d'Oriente, Giustiniano I, spedito in Italia Belisario per cacciarne i Goti, nel 537 riuscì vittorioso ed i Goti furono anche espulsi da Terni e da Narni, le quali città furono riunite all'Impero orientale. Totila, nel 540, ricuperò quanto da Belisario era stato tolto ai Goti; saccheggiò Terni, la quale, può dirsi, decadile interamente e rimase vuota di abitanti. Giustiniano I inviò allora Narsete, che vinse i Goti nell'Umbria, donde marciò sopra Roma.
Con lo stabilirsi dei Longobardi nell'Umbria, Terni fu compresa nel ducato di Spoleto (a. 570). All'Impero d'Oriente non rimase che l'Esarcato di Ravenna e gli esarclii, in varii tempi, ricuperarono e pevclerono varie città umbre, come Polimarzo, Todi, Amelia, Perugia e Terni.
Intanto, per 1 eresia degli Iconoclasti, l'Italia si ribellò e in gran parte si sottrasse all'ubbidienza di Leone III l'Isaurico e il Ducato romano riconobbe per sovrano il pontefice Gregorio II. Di questi avvenimenti profittò allora Liutprando, re dei Longobardi; indusse Trasmondo II, duca spoletino, ad invadere il ducato romano e lo stesso re occupò Terni, Amelia, Orte, Polimarzo e Bieda, e con tradimento tolse poi aTrasinondo il ducato di Spoleto.
Sembra che a questo tempo Terni avesse riparato ai danni ed alle rovine patite per opera dei Goti e che, ricostruitisi gli edilizi, la città fosse sorta a novella vita, tanto che Lnitprando si stabili con la sua Corte al confine del ducato spoletino, con residenza a Terni. In questa città, l'anno 742, Lnitprando fu visitato dal pontefice San Zaccaria, venuto espressamente per domandare al re longobardo la restituzione di Amelia, Orte, Polimarzo e Bieda. Luitprando mandò Griinoaldo, qual suo ambasciatore, a Narni, pei* incontrarvi il papa, che fu poi con grande onore scortato sino a Temi, ove il re lo ricevette alla porta della basilica suburbana di San Valentino. Dopo essersi alquanto intrattenuti nel tempio, entrarono in città, ove cominciarono poi le trattative di pace. Nella domenica seguente il papa, dopo di aver celebrata la messa nella basilica ili San Valentino, ad istanza del re, consacrò il nuovo vescovo ternano. Terminata la cerimonia, Luitprando fu dal pontefice invitato a pranzo e fu accomiatato ricevendo la benedizione apostolica. All'indomani Zaccaria si congedò dal re, che il fece accompagnare per molto cammino da Agiprando duca di Chiusi, Griinoaldo, Taciperto castaido e Raningo castaido di Tuscania ; il papa, dopo di aver preso possesso delle quattro città su incordate, fece ritorno a Roma.
Astolfo, re longobardo, usurpò varii domimi della Chiesa e per lui anche Terni non andò mulinile da gravi sciagure; lo stesso avvenne sotto il successore Desiderio, contro il quale il papa Adriano I ricorse, com'è ben noto, al potente Carlo Magno. Desiderio si impadronì di molte città umbre, e già si incamminava con l'esercito alla volta di Roma, quando in Terni fn incontrato, d'ordine del papa, dai vescovi di Albano, Pale-strina e Tivoli, che con minaccia di censure ecclesiastiche gli intimarono di non più