Arezzo
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i, li; Ciò., Ad Fam., xvi, 12). D'allora in poi il suo nome è appena mentovato nell'istoria; ma noi apprendiamo dal Liber Coloniarum che essa ricevè una colonia sotto Augusto, la stessa apparentemente a cui Plinio dà il titolo di Arretium Jidhim (ni, 5, s. 8). Codesto autore descrìve invero gli Aretini come divisi a' dì suoi, secondo abbiamo visto più sopra, in Aretini Veteres, Aretini Fidentes ed Aretini Julienses. Che essi costituissero separati corpi municipali o comunità è certo da un'iscrizione in cui troviamo : Decuriones Arretinorum Veterum (Ore.1,li, Jnscr., 100), ma none chiaro che abitassero città al tutto distinte. Strabene non allude ad alcuna distinzione siffatta, ed altre iscrizioni fanno menzione dell'Orbo Ami ino rum senz'ultra aggiunta, È probabile perciò che questi fossero meramente nomi di colonie distinte o corpi di coloni che avevano ricevuto per qualche ragione una separata organizzazione municipale.
Gli Aretini Julienses erano evidentemente i coloni stabiliti da Augusto ; gli Aretini Fidentes datavano probabilmente dal tempo di Siila o forse da un periodo anteriore. Ma par abbiavi ragione di credere che Arretium Vetus, l'antica città etnisca, occupasse effettivamente un luogo diverso dalla moderna Arezzo, che era probabilmente succeduta alla città romana. Le rovine della prima trovansi, come abbiam visto, nei ruderi delle mura etnische sul cosidetto Foggio di San Cornelio.
Secondo il Gainurrini, la linea delle mura primitive, rinomate per la loro saldezza e bellezza, comecché in mattoni, si può ancor rintracciare in via Colcitrone, borgo Unto e borgo degli Orti.
Nel medioevo Arezzo tenne il più sovente coi Ghibellini. Persino il già guelfo vescovo Guglielmo, dopo che la Toscana si diede ai Guelfi, si diede, nel 1285, ai Ghibellini ; e quando si formò un regime popolare con un Priore del Popolo e la nobiltà guelfa si alleò alla ghibellina contro codesto regime democratico, i Guelfi, dopo la vittoria contro il popolo, furono cacciati, il vescovo ebbe la supremazia nella città ed un Fieschi fu primamente riconosciuto dagli Aretini qual vicario toscano e persino le schiere riunite dei Fiorentini e dei Senesi non poterono, nel 1288, aver ragione della città : è il vero che poscia il vescovo libertini e il comandante dei Ghibellini aretini, conte Mon-tefeltro, caddero nella grande battaglia di Campaldino nel Casentino, e che il territorio aretino fu devastato orribilmente, e ì Fiorentini festeggiarono con feste e danze la loro vittoria (1289).
Nel passaggio al secolo XIV Arezzo pervenne, sotto i Tarlati di Fietramala, al suo massimo splendore; ma come dappertutto nella Toscana, sopraggiunse anche qui una scissura fra i Ghibellini; ì Tarlati furono espulsi, nel 1309, dagli Uguccioni ; gli Aretini richiamarono i Guelfi sbanditi e formarono un partito misto detto 1 Verdi, i quali furono però tosto espulsi alla lor volta da una nuova lega della nobiltà divisa.
Nella lotta con Firenze Arezzo fu presa sotto la sua protezione dall'imperatore Arrigo VII, il quale fu accolto in essa orrevolmerite nel 1312.
A cagione dell'ampliamento del suo territorio, Arezzo fu costretta in seguito a sostenere molte guerre, lottando a vicenda contro i Perugini, contro i Senesi e contro i Fiorentini, ai quali dovè finalmente cedere nel 1336.
Ricuperata, in capo a sei anni, la pristina libertà, si collegò ai principali potentati d'Italia per la difesa della propria indipendenza finche, lacerata dalle discordie cittadine, cadde in potere di quelle armi straniere che venderono vilmente, nel 1381, la sua indipendenza alla Repubblica fiorentina, di cui gli Aretini dovettero condividere la sorte nonostante alcune sommosse passeggiere.
UOMINI ILLUSTRI
Un proverbio antico dice: Aretini, cervelli fini. E di vero Arezzo fu ogni sempre un vivaio, diremo così, d'uomini d'ingegno in ogni genere dì dottrina, arte e disciplina; sia che il luogo e l'aria ve li generi naturalmente, sia che li sproni l'esempio e hi