Mandamenti e Cornimi del Circondario ili Melfi
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quale città e, a quel clic pare, fra le più ragguardevoli in quella parte d'Italia. Ciò è conformato dalle iscrizioni in una delle quali è qualificata splendida civitas Venusinarum. Serbò la medesima rinomanza 111 tutto l'evo medio ed ò tuttora una cospicua città episcopale. Le sue antichità furono illustrate con molta erudizione da scrittori italiani, ma ha poche antichità interessanti quantunque vi si siano rinvenuti residui di antichi edilizi, pavimenti in mosaico, ecc., del pari che numerose iscrizioni, le quali furon raccolte e pubblicate da. monsignor Impali nelle sue Mannara Venusìna.
Scendendo a tempi meno remoti soggiungeremo che il gran Federico II ebbe in Venosa il suo trono d'oro tempestato di perle e di pietre preziose. \ i tenne anche il dono maraviglioso del sultano d'Egitto, una tenda di magnifico magistero rappresentante i movimenti del sole e della luna e le ore del giorno e della notte. Carlo I d'Angiò stabilì in Venosa il primo ospedale conosciuto pei soldati invalidi.
Nell'SSl Venosa fu presa e pressoché distrutta dai Saraceni, i quali la tennero sino all'SGC, nel qual anno ne furono cacciati dall'imperatore Ludovico IL Nel 1133 Ruggero la prese e la distrusse e, secondo un cronista contemporaneo: viros quoque et mulieres, puSulosque vario mortis genere necavit, quondam vero eornm comburi feci!. Gli Angioini no fecero un ducato a favore dei Sanseverino e Giovanna II la diede in feudo al suo drudo Sergianni Caracciolo, dal quale passò a Gabriele Orsini, ìndi a l'i ito Del Balzo, principe d'Ai tannila, che la trasmise a re Federico suo genero.
Scrive il Fontano che ebbe assai a soffrire nelle guerre di Ferdinando il Cattolico, il quale la diede con altre terre a Consalvo di Cordova, dai cui eredi pervenne ai Gesualdo conti di Gonza e, dopo di esser passata in altre famiglie, ebbe nei Caracciolo del Sole gli ultimi signori feudali.
Venosa fu molto travagliata dai terremoti, principalmente da quello dell'agosto 1 So I ; molte case ed una gran parte dei pubblici edifìzi furono atterrati o grandemente danneggiati.
Uomini illustri. — Oltre il sommo poeta Q. Orazio Fiacco, nacquero in Venosa il poeta Riccardo Giudice, il botanico Bartolomeo Maronta, Ludovico Cinaglia, Giovanni Battista De Luca, giurisperiti. Il Cinaglia scrisse, come il precitato monsignor Lupoli, sulle antichità di Venosa.
Coli, elett. Melfi — Dioc. Venosa — Pa, T. e Str. ferr.
Lavello (G275 ab.). — All'altezza di 313 metri sul mare ed a 12 chilometri a nord da Venosa, sulla destra dell'Ofanto e sopra l'opulenta valle Rendina, sul dorso, poco alberato, di colline piatte e con bella veduta di monte Vulture. Il territorio, in colle e in pianura, è molto fertile e il paese agricolo in sommo grado, esporta grano in grande quantità, olio, vino e segnatamente uve. Fabbrica di paste alimentari, ruolini, molti torchi da olio, ecc.
Cenni storici. — E d'origine antica e fu già luogo di confine della Basilicata. Come abbi ani visto sotto Venosa, anche a Lavello furono scopert e iscrizioni ebraiche. Nell'839 vi fu ucciso Si cardo duca di Benevento e il 20 maggio del 1254 vi morì improvvisamente, a soli ventisei anni, Corrado IV Ilohenstaufen, figliuolo del gran Federico II, padre di Corradino, secondo alcuni per febbre di malaria, ma, secondo Nicolò di Jansillo, di veleno. Fu un feudo successivo dei Del Balzo, Del Tufo, Tignateli! e Caracciolo.
Uomini illustri. — Vi nacque il fiero capitano Tartaglia, di cui toccheremo qui due parole. Nacque il Tartaglia in Lavello circa il 1370; fu soldato e poi capitano di ventura, amico e coetaneo di Sforza Attendolo di Cotignola fino al 1402; quando avvenne la rotta di Casalecchio, nella guerra che ebbero ì Bolognesi ed i Fiorentini contro il duca di Milano Giovan Galeazzo. In tale occasione, essendo vittorioso il duca di Milano, o meglio il suo celebre generale Alberico da Balbiano, rimasero prigioni Bernardoue capitano dei Fiorentini, nonché lo Sforza ed il Tartaglia, che sotto i di
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