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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincie di Aquila - Chieti - Teramo - Campobasso
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1899, pagine 379

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Mandamenti e Comuni del Circondario uli Avezzano
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   la prima serpe pnò entrare dalla via della testa ; le altre, dalla coda, se no, non c'è caso che entrino. Forse eliì entra prima, si avventa a chi vien dopo, e questa perciò arretra. Vi sono pi i delle serpi che non si seppelliscono, ma si chiudono in cassette o scatole e si alimentano con latte. Questo prendono il colore lattino e si chiamano serpi bianche.
   Il primo giovedì di maggio, i serpai! disseppelliscono le pentole, tirano fuori le serpi (un centinaio, più o meno, in tutto), e le recano in giro pei paese, a manate. In quel gioruo ricorre la festa di San Domenico da Foligno, che nelle sue peregrinazioni, lasciò a Cocuilo il prezioso ricordo di un ferro di cavallo della sua mula. Il qual fatto si commemora anche con la vendita di cerli ferretti, licita forma del ferro di cavallo, aventi la sola appendice di una cuspide o assicelle ritorta e acuminata, cbe si prolunga ad angolo retto da una estremità del ferretto cavallino 1 La cuspide serve alle donne per forare la stoffa, quando vogliono fare occhielli ; ia parte a modo di ferro 'li cavallo serve per divozione. Una volta questa parte del ferro si faceva arroventare o s'imprimeva sui polsi e sulle braccia e sul petto dei divoti, come tatuaggio e preservativo dei dolori di denti e dei morsi di animali idrofobi. Oggi non si fa il tatuaggio, ma si poggia il ferretto sui denti guasti o sulle ferite venefiche.
   A proposito, a'tra vendita che si fa per divozione e per piccola industria delle femminucce, è quella delle matassine di lacci lavorali con cotone bianco, a cui nella tessitura s'innestano, per formare come nodi di canna, alcuni fiocchetti di cotone colorato in rosso, verde e turchino. Questi lacci sono legati ai polsi, sono messi a ciocche nelle spalliere dei busti delle donne o avvolti nei cappelli degli uomini o si serbano in horsette o in scapolari. S'intende che ferretti e laccetti non hanno efficacia, se non si strofinano sulla reliquia o sulla statua del santo. Nello stesso modo si benedicono fazzoletti, cappelli, medaglie, corone, chiavi, collane, anelli, ecc.
   A San Domenico si ricorre in ogni evenienza di morsicature velenose. Chi è stato morso o chi è Idrofobo, all'entrare nel territorio di Cocuilo, o guarisce o muore. Chi torna a casa guarito, vuol dire che è vivo.
   La vigilia, e anche la mattina della festa, giungono a Cocuilo uumerose carovane dai paesi vicini, ma più dalle limitrofe Provincie di Caserta e di Roma. cantando la Viva Maria!
   1 divoti si trascinano ginocchioni, con le ginocchia nude, dalla soglia della chiesa lino alla statua del Santo, battendosi africanamente il petto coi pugni. Poi scrostano il calcinaccio dalle pareli e Io conservano per divozione. Prendono anche coi demi la fune della campanella della chiesa, e tirano per non più solTrire dolore di denti. Aia, un vecchio sdentalo, perchè si affanna a tirare? — 0 tirava perchè ci aveva preso gusto, o per farsi indurire le gengive.
   Siamo alle undici ar.limeridiane, sempre del primo giovedì di maggio. I serpari conlinuano il giro pel paese coi loro mazzi di bisce in mano o attorcigliale al collo o alle braccia, torqui e ari;:il'c di una bellezza senza pari,, 1 pellegrini sbalordiscono: chi si fa indietro, chi vuol toccare: tutti del resto hanno la fede viva che in quei giorno le serpi non sono velenose. Avrebbero però fede maggiore, se sapessero che Dc.meneddio tolse loro il veleno fin d, Ila creazione mosaica.
   Quando, verso mezzogiorno, la processione sfila, tutte lo serpi si raccolgono intorno alla statua del Sanlo; e le si attorcinano in ogni mcinhro. Entrano nel suo cappuccio e riescono di sotto la tunica. Pe cadono per terra, i serpari sono tutti pronti a raccogliere e a restituirle alla statua. Se sovrabbondano, si portano, come candele, innanzi e indietro al Sanlo. Portatori di serpi, innanzi alla statua, nell'anno di grazia 188tl, fummo altresì l'amiro Francesco i'aulo Mirhetti ed io. Con che voluttuosi meandri i nostri serpi salutavano il Santo ! — E non solo facemmo da terrieri, mada protPtturi, non rifinendo mai dal raccomandare ai serpari meno sevizie nel maneggio delie hestiole. E chi non sentiva le nostre raccomandazioni, doveva sentirsi le nostre imprecazioni : — 0 che le volete strozzare? cosi possano strozzare voi 1
   La processione rientra. 1 serpari, o uno che fa da capo, portano tutte le serpi fuori del paese, presso il Ponte. Là il feslaiuolo o l'arciprete fa contare le serpi e le paga Ire soldi l'una. C'è poi chi le fa scapolare, cioè le ni. ite in liheiià, nella terra di Marano: ma per lo più -i ammazzano l 11 nostro .Vlichetli, prima dell'eccidio, ne comprò un canestro e se le riportò alla sua dilelta Frane.,villa-mare, — Oli dovevano servire come sludio pel gran quadro di San Domenico. — lo non ressi alla vista della carneficina serparesra, anzi a quella seconda strage degl'innocenti ; e piansi in modo che dovetti far ridere. Sia cmne non piangere? Sono tanto giaziuse qnellebestiel Per mefsarò di cattivo gusto, ma non me ne importa), per me, dopo la donna, la più bella creatura è la serpe : basta vincete il tradizionale orrore che abbiamo per lei.
   Vinta la prima impressione, ci si prende guslo : gusto ai muti ondulatori*!: gusto ai raggetli neri che si riflettono dagli occhiolini simili ad acini di frutti maturi di rovo. E chi mai dunque, dopo la donna, ripeto, ci mostra più affascinante la linea della bellezza e della grazia, se non la serpe? — Onde a me piace San b menico di Cocuilo, solo perchè si circonda di serpi. E poi mi piace per un'altra ragione: San Domenico ha ispirato al Michetli il nu. vo quadro che il grande artista ci darà quanto prima. Auguriamoci che inspiri ai festaiuoli la compassione per le serpi; che non ne facciano più quella tale carneficina, e che, invece, le mandino a scapolare nella terra di Marano.
   Cenni storici. — Strabone fa menziono di un'antica città di nome Cuculum (Koóxoulov) nell'Italia centrale, cli'ei dice vicina alla via Valeria ma non lungo di essa e pare la ponga dopo C-arsoli ed Alba Fucens'ts, seguitando il corso di detta via. Non vi può esser dubbio che essa fu collocata correttamente dall'Olstenio nell'odierna Cocuilo, villaggio sul giogo apenninico, che separa il bacino del fu lago Furino dalla valle di Corfìnio e Solmona e a circa 8 chilometri dal valico detto di Forca Caruso, ove la via Valeria traversa il suddetto giogo. Cocuilo starebbe dunque sui confini precisi dei Marsi e dei Peligni, ma non è noto a quale dei due popoli appartenesse. Per essere nel versante peligno appartiene più ai Peligni che ai Marsi.
   La suddetta Forca Caruso credesi il Mons Imeus dei Marsi, ertissima stazione antica della via Valeria, i cui tagli eseguiti, sotto l'imperatore Claudio, sono tuttora visibili. Ersi questo il confine marsicano col superequano. Da vecchie carte citate dal Febonio si deduce che vi fu eretto un arco magnifico a Livia moglie d'Augusto. Per questo valico periglioso di Forca Caruso, principalmente nel verno, a cagione dei venti burrascosi e della neve copiosissima, corre oggi la strada provinciale e il trattino per le pecore scendenti alle pianure erbose e che conducono a Solmona, a Chieti ed altrove.
   L'odierna ferrovia passa invece con lunga galleria sotto il colle di Cocuilo, poco al disopra di questo paese, dove fa stazione.
   Coli, elett. Pescina — Dioc. Solmona — P3, T. e Str. ferr.
   10 — li» Patria, voi. IV, parte 2».