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Parte Quinta — Italia Insulare
prima separatamente le innumerevoli minute parti onde componsi il tutto, i letti successivi di conchiglie, coralli, ceneri vulcaniche, conglomerati, colate di lava e dobbiamo quindi contemplare il tempo richiesto pel sollevamento graduato delle rocce e lo scavamento delle valli. Il periodo storico non pare possa formare un'unità apprezzabile in questo computo, giacche noi troviamo antichi tempii greci, come quei di Agrigento, o Girgenti, costruiti col calcare moderno onde stiam favellando e fondati sur un colle del medesimo calcare.
La moderna data geologica delle roccie in questa regione ci conduce ad un'altra singolare ed inaspettata conclusione — vale a dire che la fauna e la flora della Sicilia sono più antiche della stessa Sicilia, come quelle che non solo fiorirono prima che le terre fossero sollevate dal profondo, ma anche prima che fossero adunati i loro materiali sotto le acque.
La catena di ragionamento che ci conduce a codesta conclusione si può esporre in poche parole. La maggior parte dell'isola fu convertita da mare in terra dopo che il Mediterraneo era già popolalo di quasi tutte le specie attualmente viventi di testacei e zoofiti. Noi possiamo perciò presumere che prima dell'emersione di questa regione esistessero le medesime conchiglie terrestri e fluviali e tutti quasi gli stessi animali e le stesse piante che popolano ora la Sicilia; dacché la fauna e la flora terrestri dell'isola sono precisamente identiche a quelle delle altre regioni intorno al Mediterraneo. Non pare abbianvi specie particolari od indigene e quelle che vi son ora stabilite devesi supporre abbianvi immigrato da terre preesistenti, appunto come le piante e gli animali del territorio napoletano colonizzarono Monte Nuovo dopo il sollevamento di quel cono vulcanico nel secolo decimosesto.
Dopo esposta in succinto questa teoria di sir Carlo Lyell osserveremo che negli strati post-pliocenici della Sicilia, associati a conchiglie recenti, furono rinvenuti avanzi fossili dell'elefante e di altri quadrupedi ora emigrati.
XI. — Vulcani estinti in Sicilia,
In vai di Noto arsero i più antichi vulcani della Sicilia. Oggi que'crateri sono spenti, come quelli della Sardegna, del Lazio e dell'Etrurìa meridionale: ma in altri tempi, e quei tempi son molto remoti, quell'estremo angolo della Sicilia andò soggetto a replicate catastrofi. Vi si trovano in copia lave diverse (basaltine e porose, turchine, bigie, rosse e nere), tufi, lapilli e ceneri vulcaniche e breccie laviche nere, rosse, cineree.
Nessuna notizia si trova negli scrittori antichi, la quale parli dell'osisienza di più vulcani in Sicilia. E siccome il solo, che pel corso di tanti secoli ha quasi perennemente bruciato, è l'Etna, egli ha esclusivamente attirato gli sguardi degli uomini dediti allo studio della fisica, e fatto trascurare cosi la ricerca di altri vulcani ; i quali, comecché spenti, provano coi materiali pirogenici i loro antichi incendi. Si può anzi asserire, che sino al presente secolo, poco conobbesi de' vulcani estinti di vai di Noto; tanto più interessanti, in quanto che coevi alle formazioni nettuniche di questa contrada. Primo il Dolomieu, circa il cominciare del secolo, ruppe il silenzio in proposito di così rilevante oggetto; e quindi, a' dì nostri, gli accademici della Gioenia descrissero con precisione la geografia, la mineralogia e i rapporti geologici di questi vulcani colla roccia net tunica che li abbraccia.