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Parte Quinta — Italia Insulare
Tcrone aveva continuato a regnare in Agrigento sino alla sua morte nel 472 avanti G., ma suo figlio Trasideo, che gli succedette, si trasse addosso in breve la inimicizia dei cittadini. Disfatto da Jerone, al quale aveva mosso guerra, egli fu cacciato dagli Agrigentini ribellati, e poi ucciso dai Megarei, presso i quali aveva cercato rifugio. In Agrigento fu ristabilita la repubblica aristocratica.
Una rivoluzione consimile avvenne pochi anni dopo a Siracusa, ove, alla morte di Jerone, verso il 467 av. C., il potere passò nelle mani di Trasibolo la cui tirannide violenta suscito in breve una rivoluzione fra i Siracusani. Essa divenne il segnale di una rivolta generale di tutte le città della Sicilia, le quali unirono le loro forze a quelle dei Siracusani e riuscirono ad espellere Trasibolo dalle sue fortezze di Ortigia e di Acradina (Diod., xi, 67. 68) ed a cacciarlo così dalla Sicilia.
La caduta della dinastia Gelonica in Siracusa (466 av. G.) diede per qualche tempo occasione a violenti discordie intestine nella più parte delle città siciliane, discordie che degenerarono, in molti casi, in guerre aperte. Ma pochi anni dopo fu posto fine ad esse da un congresso generale e da un compromesso (461 av. G.) in forza del quale gli esiliati rientrarono nelle loro città rispettive; Gamarrina, eli'era stata distrutta da Gelone, fu ripopolala e ridivenne una città fiorente; mentre Catania veniva restituita a' suoi antichi cittadini calcidici e ripigliava il suo nome antico (Diod., xi, 70).
La tranquillità ristabilita in tal modo ebbe un'insolita durata e il mezzo secolo susseguente fu un periodo di somma prosperità per tutte le città greche della Sicilia le quali raggiunsero allora (ad eccezione di Siracusa) il massimo grado di opulenza e potenza. Ciò è affermato distintamente da Diodoro ed è confermato chiaramente dai monumenti esistenti tuttora — essendo tutte le maravigliose opere architettoniche riferibili a quel periodo fortunato. Della forma di governo vigente in quel tempo nelle città siciliane poco sappiamo, ma sembra certo che una costituzione democratica fu sostituita quasi in ogni dove alle primitive oligarchie.
Per quanto prospero fosse però quel periodo (461-415 av. C.) non godè sempre di una tranquillità ininterrotta. Esso fu turbato in primo luogo dai disegni ambiziosi di Ducezio, capo siciliano, che tentò organizzare tutti i Siceli dell'interno in una confederazione che potesse tener testa alle città greche. Nell'istesso tempo ei fondò una nuova città a cui diede il nome di Palice, presso le sacre fonti dei Palici. Ma questi tentativi di Ducezio — notabili come unico esempio nell'istoria dell'isola dei Siceli di stabilire un governo lor proprio—rimasero frustrati dalla sua sconfitta e dal bando datogli dai Siracusani nel 451-50 av. G. ; e quantunque ei tornasse poi in Sicilia e tentasse stabilirsi sulla costa settentrionale, i suoi disegni furono interrotti dalla morte nel 439 av. G. (Diod., xi, 88, 90, 92, ecc.). Ei non ebbe successori e i Siceli dell'interno non incussero più alcun timore alle città greche. Molti dei loro borghi furono sottomessi dai Siracusani e l'influenza ellenica si diffuse a grado a grado in tutta la Sicilia.
Il successivo evento importante nell'istoria siciliana antica fu la grande spedizione ateniese nel 415 av. G.
Già in un periodo precedente, quattro anni dopo lo scoppio della guerra Peloponnesiaca, gli Ateniesi eransi mescolati nelle faccende della Sicilia e nel 427 av. G. avevano inviato una squadra sotto Lachete e Gareade ad aiutare le città calcidiche minacciale dai loro più polenti vicini Dorici. Ma le operazioni di questi comandanti, del pari che quelle di Euriinedonte e di Sofocle nel 425 av, G., non ebbero molta importanza e nel 424 av. G. un congresso adunato a Gela addusse una pacificazione generale delle città greche in Sicilia (Tre., ìv, 58, 65).
Ma la pace conchiusa in tal modo non durò a lungo. I Siracusani approfittarono dei dissidi intestini in Leonlini per cacciarne il partito democratico ; mentre i