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Parte Quinta — Italia Insulare
un periodo di otto mesi, fnrono costretti da ultimo dalla fame ad arrendersi. La maggior parte degli abitanti sgombrarono la città che condivise la sorte di Selinunte e dì Imera (lhon., xnr, 81, 01).
Tre delle principali città greche in Sicilia già eran per tal modo cadute, e nella primavera del 405 av. C., Imilcone, ch'era succeduto ad Annibale nel comando, si avanzò ad assalir Gela (Terranova). In quel mezzo, la potenza di Siracusa, sulla quale le altre città facevano grande assegnamento per la loro protezione, era stata grandemente menomata dalle discordie intesi ine; e Dionisio se ne giovò per recarsi in mano il potere dispotico. Ma le sue primo operazioni non furono più fortunate di quelle dei generali da lui surrogati, e, dopo un tentativo infruttuoso per liberar Gela, l'abbandonò, con Camarrina, al suo destino, e gli abitanti di ambedue le città emigrarono a Leontini.
Dionisio si assodò nel supremo potere in Siracusa e sì affrettò a conchiudere la pace con Imilcone a condizioni che lasciarono i Cartaginesi padroni assoluti di quasi la metà della Sicilia. In giunta ai loro primi possedimenti, Selinunte, Imera ed Agrigento furono sottomesse a Cartagine mentre agli abitanti di Gola e Camarrina, fu data balia di far ritorno alle loro città nalìe a condizione di divenire tributari di Cartagine (Dion., xnr, 114).
D'allora in poi Dionisio regnò con autorità assoluta in Siracusa per un periodo di 38 anni (405-368-7 av. G.) e potè, alla sua morte, trasmettere intatto il potere al figliuolo. Ma quantunque ei portasse Siracusa ad un alto grado di potenza e prosperità ed estendesse il proprio dominio sopra una gran parte della Sicilia del pari che sulla parte adiacente d'Italia, il suo regno andò segnalato per grandi e subitanei mutamenti di fortuna.
Con tutto che egli avesse colto abilmente il destro dell'invasione cartaginese per stabilire il suo potere in Siracusa, come prima l'ebbe assodato, incominciò a rivolgere i suoi pensieri all'espulsione dei Cartaginesi dalla Sicilia. Le sue armi furono perciò dirette, in primo luogo, contro le città calcidiche di Nasso, Catania e Leontini, le quali caddero tutte una dopo l'altra in poter suo, mentre egli ajidava estendendo il suo dominio sopra una gran parte delle comunità sicelie nell'interno.
Effettuate codeste conquiste e fatti grandi apparecchi guerreschi, costruendo una squadra formidabile, ampliando e rinforzando le fortificazioni di Siracusa, Dionisio dichiarò, nel 397 av. C., guerra a Cartagine. I suoi primi buoni successi furono rapidi e subitanei: quasi tutte le città, che erano stato aggiunte recentemente al dominio cartaginese, dichiararonsi in favor suo, ed egli portò le sue armi vittoriose all'estrema punta occidentale della Sicilia, ove Motya. uno elei baluardi principali dei Cartaginesi, cadde, dopo un forte assedio, nelle sue inani
Ma l'anno seguente (396 av. C.) le faccende andarono diversamente. Imilcone, ch'era sbarcato con un grosso esercito in Sicilia, non solo ricuperò Motya e le altre città prese da Dionisio, ma si avanzò, lungo la costa settentrionale dell'isola, a Messina ch'ei prese d'assalto e distrusse compiutamente. Dionisio fu persino costretto a chiudersi entro lo mura di Siracusa ove fu strettamente assediato da Imilcone; ma una pestilenza scoppiata improvvisamente nel campo dei Cartaginesi e le armi di Dionisio li ridussero alla lor volta a sì mal partito, che Imilcone fu ben lieto di conchiudere una convenzione segreta e far ritorno in Africa (Dion., xix, 47-76).
Le ostilità con Cartagine continuarono, ma con risultato indeciso e la pace, conchiusa nell'anno 392 av. C., pare lasciasse le cose come erano prima. Nel 383 la guerra riarse fra Dionisio e i Cartaginesi, ma, dopo due grandi battaglie, con alterno successo dalle due parti, fu stretto un nuovo trattato che stabilì il fiume Halycos (ora Platani) a confine fra le due potenze. Codesto confine, sebbene violato assai spesso, continuò ad essere riconosciuto in parecchi trattati successivi e puossi considerare