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Parte Quinta — Italia Insulare
I Groci frattanto orano minacciati da un pericolo più generale per una nuova invasione dei Cartaginesi, ma la compiuta sconfìtta dei loro generali Asdrubale ed Amilcare sul fiume Grimiso (ora Fiume Freddo o di S. Bartolomeo, secondo il Fazello, De Beh. Sic., vip, 299), una delle più segnalate e decisive vittorie dei Greci sui Cartaginesi (340 av. G.) pose fine a tutti ì timori da quella parte; e, la pace che ne seguì stabili di bel nuovo lo Halykos qual confine fra le due nazioni (Diod., xv, 17).
Alla liberazione dei Greci siciliani per Tiraoleonc tenne dietro un periodo di grande prosperità. Molte delle città avevano assai sofferto sia per le estorsioni dei despoti locali, sia per i torbidi e le rivoluzioni; ma rissanguaronsi ora con nuovi coloni da Corinto e da altre città della Grecia che affluirono in gran numero nell'isola; gli esuli rimpatriarono in ogni dove ed un nuovo impulso parve impresso allo sviluppo dello influenzo elleniche nell'isola.
Sfortunatamente codesto periodo di rinnovata prosperità fu di breve durata. Solo vent'anni dopo la grande vittoria sul Grimiso il dispotismo fu ristabilito in Siracusa da Agatocle (317 av. C.), avventuriere che afferrò il potere al modo stesso di Dionisio il Vecchio a cui rassomigliava per energia ed abilità, mentre lo superava per severità inesorabile e sanguinaria.
II regno di Agatocle (317-289 av. C ) fu indubbiamente un periodo che esercitò l'influenza più disastrosa sulla Sicilia ; esso fu occupato in gran parte da dissidii intestini e da guerre civili del pari che da lunghe lotte incessanti fra i Greci e i Cartaginesi. Agatocle si ora giovato dapprima dell'aiuto cartaginese per assodarsi nel possesso del potere dispotico; ma, estendendo a grado a grado le sue aggressioni e riducendo una dopo l'altra le città greche sotto la sua autorità, ei venne alla sua volta alle preso con Cartagine.
Nel 310 av. C. fu sconfìtto sul fiume Imera (ora SoJso) presso la collina di Ecnomo (monte di Licata) dal generale cartaginese Amilcare in una battaglia così decisiva che tutte le sue speranze parvero estinte: i suoi alleati e le città dipendenti scossero prontamente il giogo e Siracusa stessa fu di bel nuovo bloccata da una squadra cartaginese. In siffatta estremità Agatocle prese l'ardita risoluzione di trasportare il suo esercito in Africa e continuar la guerra alle porte stosse di Cartagine.
Durante la sua assenza (che fu protratta per quasi quattro anni 310-307-G av. C.) Amilcare ridusse una gran parte della Sicilia sotto il dominio di Cartagine, ma rimase frustrato in tutti i suoi tentativi contro Siracusa e fu da ultimo fatto prigioniero egli stesso in un assalto notturno e messo a morte.
Gli Agrigentini — il cui nome era rimasto quasi dimenticato per un lungo periodo, ma la cui città par rivivesse sotto Timoleone e ridivenisse una delle più ragguardevoli della Sicilia — fecero un tentativo infruttuoso por ispiegare la bandiera della libertà e dell'indipendenza, mentre l'esule siracusano, Dinocrate, alla testa di un grosso esercito di profughi e mercenari, conservava una specie di posizione indipendente, lontano da tutti i partiti. Ma Agatocle al suo ritorno dall'Africa, conchiuse la pace con Cartagine e strinse un compromesso con Dinocrate mentre stabiliva il proprio potere in Siracusa con un eccidio orribile di tutti coloro che l'osteggiavano. Nel 305 egli, a somiglianza de' generali successori di Alessandro, prese il titolo di re. Per gli ultimi dodici anni del suo regno (301-289 av. C.) il suo dominio sopra Siracusa e una gran parte della Sicilia par fosse saldamente stabilito per modo che ci potè proseguire i suoi disegni ambiziosi nel mezzogiorno d'Italia ed altrove.
Dopo la morte di Agatocle (289 av. C.), la Sicilia pare cadesse in uno stato di grande confusione; Siracusa conservò sempre apparentemente la sua situazione predominante fra le città greche sotto un despota di nome Iceta ; ma Agrigento, che era caduta anch'essa nelle mani di un despota di nome Finzìa, s'innalzo ad una posizione che l'abilitava quasi a contendere la supremazia.