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La Patria. Geografia dell'Italia
Sicilia
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1893, pagine 684

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Parte Quinta — Italia Insulare
   lungo tempo dei Cartaginesi in Sicilia), che fu quindinuanzi occupato da una forte guarnigione romana e più non tornò in potere dei suoi precedenti padroni.
   Per parecchi anni prima del termine della guerra t possedimenti dei Cartaginesi in Sicilia furon ristretti ad Eryx (monte S. Giuliano), occupato da Amilcare Barca, ed ai due porti fortemente muniti di Lilibeo e di Trapani, dei quali il primo sfidò tutti gli assalti dei Romani, come già in addietro quelli di Pirro. L'assedio, o piuttosto il blocco, di Lilibeo continuò per quasi dieci anni finche la distruzione della squadra cartaginese alle isole Egadi (241 av. C.) costrinse Cartagine a comperare la pace con la cessione di tutti i suoi rimanenti possessi in Sicilia.
   L'intiera isola fu ora ridotta alla condizione di una provincia romana ad eccezione del territorio governato sempre da Jerone, sovrano alleato ma indipendente. La provincia costituita in tal modo fu la prima a portar questo nome (Cic., Verr.. u, 2,2,1); essa fu posta sotto il governo di un pretore inviato annualmente da Roma (Appiano, Sic,, 2). Al primo scoppio della seconda Guerra Punica (218 av. C.) il console Sempronio fu inviato dapprima in Sicilia qual sua provincia per tutelarla da ogni invasione minacciata dall'Africa; ma egli fu tosto richiamato per far fronte ad Annibale in Italia e per alcuni anni la Sicilia non ebbe che una parte secondaria nella guerra.
   Un grande cambiamento occorse però nel quart'anno d'essa guerra (215 av. C.) a cagione della defezione di Jeronimo, nepote e successore di Jerone in Siracusa, il quale abbandonò l'alleanza di Roma, a cui Jerone erasi mantenuto fedele durante tutto il suo lungo regno, per isposare la causa cartaginese. Jeronimo fu per vero poco appresso assassinato, ma 0 partito cartaginese in Siracusa, capitanato da Ippocrate e da Epicide, serbava sempre il predominio e Marcello, mandalo in fretta in Sicilia a sedare la ribellione minacciata, fu costretto a por l'assedio a Siracusa (214 av. C.). Ma la resistenza fu così gagliarda, cli'ei si trovò in breve costretto a cambiar l'assedio in blocco e sol nell'autunno del 212 av. C. cadde finalmente nelle sue mani.
   La guerra frattanto crasi estesa in tutte le parti della Sicilia; molle città della provincia romana avevano imitato l'esempio di Siracusa ed avevano aderito alla alleanza con Cartagine che nulla risparmio per appoggiarle. Anche dopo la caduta di Siracusa la guerra fu sempre continuata: il generale cartaginese Mutines, che avea stanza in Agrigento, guerreggiava di là devastando l'isola intiera. Solo dopo che Mutines fu indotto ad abbandonar la causa cartaginese ed a consegnar Agrigento ai Romani il console Levino potò sottomettere le città ribelle e compiere così la conquista finale della Sicilia nel 210 av. C. (Liv., xxvi, 40; xxvn, 5).
   Da quel tempo tutta la Sicilia fu unita in una Provincia Romana e la sua amministrazione fu, per molti rispetti, simile a quella delle altre provincie. Ma la sua sorte fu tutt'altro che fortunata. La sua grande fertilità naturale, segnatamente dì grano, la resero un vero possedimento della massima importanza per Roma; ma questa circostanza appunto par la rendesse un campo prediletto degli speculatori, i quali comperarono ampi! tratti di terreno ch'essi coltivarono sol per mezzo degli schiavi per guisa che la popolazione libera dell'isola diminuì sensibilmente. Le parti montuose furono abbandonate ai pastori schiavi anch'essi e dediti alla rapina e al saccheggio ed incoraggiativi dai loro padroni.
   Nell'istesso tempo il numero dei possidenti facoltosi e il grande commercio d'esportazione di alcune fra le città mantenevano un'apparenza ingannevole di prosperità.
   Solo allo scoppio della Guerra Servile (l'anno in cui questa cominciò non si può stabilire con esattezza) codesti mali apparvero in tutta la loro gravità ed estensione. Questo scoppio tremendo — ch'ebbe principio con un'insurrezione locale degli schiavi di un possidente d'Ernia (ora Castrogiovanni), di nome Dantofilo, ed era capitanata da uno schiavo siriaco di nome Euno — si dilatò rapidamente in tutta la Sicilia sì che gli schiavi affermasi numerassero 200,000 armati.