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La Patria. Geografia dell'Italia
Sicilia
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1893, pagine 684

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Sicilia
   y
   63
   senza incontrare aspra resistenza. Nell'831 presero Messina e Palermo. In seguito sottomisero vai di Mazzara e, fra l'Sll e 1*850, vai di Noto. Appresso estesero le loro conquiste sulle città marittime di vai Demone, ma trascurarono di sottomettere tutta la parte nord-est dell'isola. Siracusa fu assalila e distrutta dai Saraceni nel-P878 dopo una difesa disperata, mentre Leone, erede dell'Impero greco, si stava pago a comporre due elegie sul disastro di Bizanzio. Taormina, l'ultimo baluardo, capoluogo dell'isola sotto l'amministrazione bizantina, cadde nel 902. Sulla fine del secolo IX d. C. i Saraceni si potevano già riguardare come padroni di tutta l'isola.
   Secondo l'Amari, i Cristiani, durante l'occupazione araba, dividevansi in quattro classi: 1° Pochi municipi indipendenti ed obbedienti alla lontana all'Impero greco; 2° Tributarli che pagavano agli Arabi quel che altrimenti avrebbero inviato a Bizanzio ; 3 Vassalli le cui città erano cadute, per forza d'armi o di trattati, nelle mani dei conquistatori e che, quantunque le loro proprietà fossero rispettate, e tollerala la loro religione, cliiamavansi ilsimmi, ovvero umiliati; 4° Servi, prigionieri di guerra venduti come schiavi od addetti al suolo.
   La Sicilia rimase in potere dei Saraceni fin verso il mezzo del secolo XI in cui fu ricuperata parzialmente dagli imperatori Bizantini con l'aiuto dei Normanni i quali non tardarono a conquistarla per conto proprio come stiamo per narrare.
   Niun capitolo dell'istoria rassomiglia più ad un romanzo di quello che narra il sorgere subitaneo e il breve splendore della casa d'Altavilla (Ilauievilh)'. In una generazione soltanto i figliuoli di Tancredi passarono, dalla condizione di cavalieri nella valle normanna del Cotentin, al trono regale dell'isola più deliziosa del mare del Sud.
   Tancredi di ITauteville procreò due famiglie da due mogli diverse. De' suoi figliuoli dodici erano maschi, due dei quali rimasero col padre in Normandia, mentre dieci andarono in cerca di avventure e di gloria e fondarono reami. Di. essi salirono in maggior fama Guglielmo Braeciodiferro, primo conte d'Apulia, Roberto Guiscardo, che unì la Calabria e PApulia in un ducato e portò le sue armi vittoriose contro ambedue gli imperatori di Oriente e di Occidente, e Ruggiero, il Gran Conte, che aggiunse la Sicilia alle conquiste dei Normanni e legò a suo figlio il reame dell' Italia meridionale.
   L'onore della conquista della Sicilia, paragonabile per ardimento a quella del Gortez e del Pizzarro nell'America del Sud, appartiene a Ruggero, il quale l'invase con un pugno di cavalieri normanni. Per alcuni anni egli si stette pago alle scorrerie ed incursioni, pigliando a base delle sue operazioni Messina, che aveva tolto agli Arabi coll'aiuto dei loro servi e vassalli cristiani, e ritirandosi di quando in quando, col bottino fatto a traverso il Faro o lo stretto, a Reggio di Calabria.
   Come già abbiamo narrato, i Mussulmani od Arabi non avevano mai sottomesso intieramente le alture nord-est della Sicilia. Paghi di occupare le intiere sezioni occidentale e meridionale dell'isola, assodando saldamente il loro governo a Palermo, distruggendo Siracusa e piantando un posto militare sulle vette dell'Ernia o Castrogiovanni, essi avevano posto in non cale la popolazione cristiana della vai Demone. Per tal modo la chiave della Sicilia dal lato italiano cadde nelle mani di nuovi invasori Normanni.
   Da Messina Ruggero si avanzò, per Ramelta e Centorbi, a Traina, città alpestre molto disopra al livello del mare e in vista della grande piramide Etnea. Quivi ei piantò una guarnigione nel 1062, due anni dopo aver posto piede in Sicilia.
   L'intervallo era stato impiegato in marcie e contromarcie, discese nella Piana di Catania e rapide spedizioni sino a Girgenti sulla costa meridionale. Una grande battaglia è ricordata sotto le mura di Castrogiovanni, in cui seicento cavalieri Normanni si affrontarono, al dir dei cronisti Guglielmo d'Apulia e Goffredo Mala-terra, con quindicimila cavalieri e centomila fanti arabi»