Sicilia
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Codesti due Guglielmi, gli ultimi dei monarchi di Sicilia della dinastia d'Haute-ville, non furono al tutto indegni della loro origine normanna. Guglielmo il Malvagio, potè Seno torsi dalle mollezze del suo serraglio per porsi a capo di un esercito; e Guglielmo il Buono, sebbene assai debole nella politica estera e disadatto alla guerra, amministrò lo Stalo con saviezza e clemenza.
Sotto i Normanni la Sicilia offrì lo spettacolo di una civiltà singolarmente ibrida. Cristiani e Nordici adottando le consuetudini ed imbevendosi di lla coltura dei loro sudditi mussulmani governarono una popolazione mista di Greci, Arabi, Berberi ed Italiani. Il linguaggio dei principi era francese; quello dei Cristiani nel loro territorio, greco e latino: ed arabo quello dei loro sudditi maomettani.
Nell'islesso tempo i Sultani scandinavi di Palermo non cessarono di rappresentare una parte attiva nelle faccende civili ed ecclesiastiche dell'Europa. I figli dei Vichingi, quantunque, se la spassassero nei loro harems, esercitavano però sempre, quali legali ereditarli della Santa Sede, una giurisdizione particolare nella Chiesa di Sicilia. Èglino dispensavano benefìzii al clero ed assumevano la mitra e la dalmatica, in un con lo scettro e la corona, quali simboli della loro autorità ecclesiastica del pari che politica.
Re Buggero — di cui il geografo di corte, Edrisi, scrive ch'egli faceva più dormendo che ogni altro desto — era circondato, nelle sue ore d'ozio, sotto i palmeti della Favara, da musicisti, storici, viaggiatori, matematici poeti ed astrologi orientali. Ri fece tradurre dall'arabo in latino VOttica di Tolomeo e le profezie della Sibilla Eritrea furono rese accessibili per simil guisa. Il suo rispetto per le scienze occulte fu dimostrato dal fatto ch'ei fece disseppellire le ossa di \ sigillo dal loro sepolcro a Posilippo e collocare nel Castel dell'Uovo per poter comunicare, per mezzo della necromanzia, con lo spirito del Mago romano.
Possiamo qui rammentare di passata che Palermo, in una delle sue moschee, teneva già sospese fra cielo e ferra le supposte reliquie di Aristotile. Tali erano i santi del moderno incivilimento nel suo primo albore. Mentre Venezia rubava ad Alessandria il corpo di San Marco, Palermo e Napoli si mettevano sotto la protezione di un filosofo e di un poeta.
Ma il maggior merito letterario di Ruggero fu la compilazione di un trattato di geografia universale. Quindici anni furono impiegati nel comporlo, e il manoscritto in arabo, scritto dal suddetto filosofo Edrisi, comparve solo sei settimane avanti la morte di Ruggero nel 1154.
Codesto libro, intitolato: Il Libro di Roggero, o il diletto di chi ama fare il circuito del mondo, fondavasi sui lavori antecedenti di dodici geografi classici e mussulmani. Ma, aspirando ad un'accuratezza maggiore di quella che si può conseguire con una compilazione meramente Ietterai la, Ruggero convocò pellegrini, viaggiatori e mercanti d'ogni paese per conferire con essi ed esaminarli. Le loro relazioni furono vagliate e collazionate. Edrisi scriveva mentre Ruggero interrogava. Misurazioni e distanze erano diligentemente paragonate; e fu fatto costruire un ampio disco d'argento su cui vedevansi delineati tutti i mari, le isole, i continenti, le pianure, i fiumi, le catene montagnose, le città, le strade e i porti del mondo conosciuto.
Il testo porgeva una descrizione spiegativa di codesta mappa con tavole dei prodotti, usi e costumi, razze, religioni e qualità fisiche e morali di tutti i climi.
Il metallo prezioso su cui era disegnata la mappa divenne la sua rovina e ii testo rimase nelle biblioteche degli eruditi arabi. Fu questo imo dei primi grandi saggi di esplorazione pratica e di statistica metodica a cui contribuì il genio degli Scandinavi trapiantati in Sicilia e degli Arabi.
Gli Arabi, mercè le loro primitive abitudini nomadi, le necessità del loro sistema tributario, la loro predilezione dell'astrologia e la loro esperienza come pellegrini,
9 — i.a l'ut ria, voi. V