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Parte Quinta — Italia Insulare
viaggiatori, mercanti e poeti erranti erano particolarmente qualificati pel lavoro dell'investigazione geografica. Ruggero vi aggiunse la curiosità sconfinata e l'energia irrequieta del suo temperamento nordico, l'intelligenza comprensiva in sommo grado della sua razza e l'autorità di un principe potente sì da costringere uomini competenti a collaborare con esso lui.
Le opere architettoniche dei Normanni in Palermo attestano lo stesso predominio della coltura araba. San Giovanni degli Eremili — con le sue basse e bianche cupole non è che una piccola moschea adattata ai riti cristiani, e i palazzi campestri della Zisa e di Cuba, edificati dai due Guglielmi — che ritroveremo a Palermo — conservano il loro antico carattere moresco.
Come già i Greci in tempi antichissimi, i Normanni lasciarono in Sicilia monumenti gloriosi della loro potenza, grandezza e ricchezza.
La Sicilia sotto gli Svevi. — Giunti a codesto punto, ci avvediamo che l'istoria della Sicilia anche in compendio, non che pagine, richiederebbe volumi; epperciò, stringendo il mollo in poco, per non dilungarci di soverchio, aggiungeremo ancora alcuni cenni, rimandando lettori al Sommario precedente.
Guglielmo II non lasciava altri figli che Costanza sposata ad Arrigo di Svevia figlio di Federico Barbarossa. Rimaneva però un figlio naturale di Ruggero, Tancredi, duca di Puglia, il quale si era reso illustre in una spedizione contro Alessandria. Tancredi fu dal partito nazionale proclamato re ; onde nacque tra lui ed Arrigo VI (il quale domandava la corona di Sicilia come marito di Costanza) una contesa. Tancredi morì (1194) lasciando la corona ad un figlio in tenera età, sotto la tutela della madre. Arrigo VI, venuto in Sicilia si fece incoronare re, ed avuta nelle mani, a patti, la famiglia di Tancredi, fece accecare il giovine re, e lo mandò prigioniero nel Vorarlbcrg, e mandò prigioniera in Alsazia la vedova e le figlie.f^
Lungo sarebbe narrare tutti i mali trattamenti ch'ebbe a soffrir la Sicilia dal suddetto Arrigo; basti il dire che giunsero a tanto che la regina stessa mosse guerra al marito e chi sa sino a qual punto sarebbero giunte le cose se Arrigo non fosse morto poco appresso per dissenteria nelle vicinanze di Messina (probabilmente a Randazzo) nel 1197. Costanza fece allora incoronare re di Sicilia suo figlio—che divenne poi il famoso imperatore Federico II — giovinetto ancora, col consenso di papa Innocenzo III che ne assunse la tutela. Tenne Federico la sua residenza ordinaria in Palermo ove formò una splendida Corte in cui le lettere, le scienze e le arti ebbero i primi favori e Giulio d'Alcamo dettò le prime poesie italiane.
Ma Federico fu poi chiamato a reggere l'Impero germanico e la Sicilia dopo lunghe e varie vicende, passò dagli Svevi agli Angioini, nella persona di Carlo d'Angiò, conte di Provenza, fratello di Luigi IX re di Francia, al cui mal governo fu posto fine co; Vespri. In un congresso a Palermo i Siciliani acclamarono re Pietro d'Aragona, il quale, come marito di Gostanza, aveva rodato il nome e i diritti degli Svevi; e con esso ebbero principio gli Aragonesi in Sicilia.
Cariò d'Angiò rivolse tosto contro quest'ultimo l'esercito e la squadra apparecchiata contro Costantinopoli. Ne seguì una* guerra di 21 anni durante la quale i Siciliani, che. dopo la morte del suddetto re Tietro, avevano eletto re ;1 suo secondogenito, dovettero difendersi non solo contro Napoli ma talfiata anche contro i papi, i re di Francia e persino quei d'Aragona. Essi tuttavia persistettero nella difesa della propria indipendenza.
Finalmente fu concordata la pace. L'aragonese Federico fu da loro acclamato re m Parlamento, col titolo di Re di Trinacria e d'allora in poi vicende incessanti ed interminabili travagliarono la Sicilia, la quale passò da ultimo agli Spaglinoli nella persona del famoso Ferdinando il Cattolico che la riunì al regno d'Aragona.