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La Patria. Geografia dell'Italia
Sicilia
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1893, pagine 684

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Parte Quinta — Italia Insulare
   sommossa, le recenti istituzioni si trovarono, dopo una durala di tre anni, abolite. Appena raffermo sul trono, Ferdinando ristabilì l'unità della monarchia, e incominciò una nuova èra, intitolandosi Ferdinando I re delle Due Sicilie, ed emanando nel dì li ottobre del 1817 la legge organica per la divisione amministrativa e giudiziaria dei dominii al di là del Faro ; col che ridotta la Sicilia in provincia del regno di Napoli, perde a malincuore ! suoi privilegi, le sue leggi e l'antica sua bandiera; e fu di più sottoposta a tutto le misure e gravezze napoleoniche, cioè la coscrizione, le taglie della carta bollata e del registro, ed altre gravezze, le quali inasprirono il popolo e ne accrebbero l'odio per la dominazione napolitana. La rivolta scoppiata in Napoli nel 1820 fu pei Siciliani il segnale dell'insurrezione. Fu eletta in Palermo una Giunta di governo; e una deputazione partì dalla stessa città, recandosi a Napoli per domandare l'indipendenza della Sicilia, e ne riportò una risposta evasiva, apparentemente favorevole.
   Il 15 settembre sbarcò a Milazzo il generale Florestano Pepe alla testa di 10,000 soldati; giunto alle porte di Palermo, ne venne dal popolo respinto; indi, dopo parecchi rovesci, entrò in maneggio coi Palermitani, e un trattato il rese padrone della città; col quale trattato promise e guarentì l'esecuzione di parecchie condizioni; ma il Parlamento di Napoli dichiarò nullo quel trattato, richiamò il Pepe, e gli surrogò il generale Colletta, che adottò delle misure più severe. Il Parlamento napolitano dichiaro Messina capitale della Sicilia, e così pose una spaventevole divisione nell'isola. Era l'anarchia al colmo, quando gli Austriaci s'impadronirono di Napoli, donde mandarono un distaccamento di seimila uomini in Sicilia, affine d'impadronirsi di Palermo, ed un altro poi per Messina, e così fu ristabilita la calma. D'allora in poi la Sicilia fu retta da un luogotenente generale ; ed all'avvenimento al trono di Ferdinando li, fu mandato a coprire quel posto Leopoldo principe di Siracusa, fratello del re. Ferdinando continuò ad adoperarsi per rendere uniforme lo staio dei suoi dominii di qua e di là del Faro, ossia per aggravare sulla Sicilia il peso del dispotismo che pesava su Napoli. I Siciliani si riscossero; ma furono le sommosse soffocate nel sangue, ed i campi della Sicilia furono campi di stragi, dove Del Carretto, piuttosto carnefice che generale, colse i suoi obbrobriosi allori. Così durò la Sicilia per anni, finché giunse l'anno 1840, memorando nei fasti italiani per la famosa amnistia di Pio IX. Si agitarono i Siciliani, e corsero alle armi nel gennaio del 1847 e perdurarono nei moti rivoluzionarii ad onta di tutti gli accorgimenti di re Ferdinando. L'esempio dei Siciliani ìnlluì non poco sui Napolitani, i quali combinarono, la sera del 27 gennaio 1848, una imponente dimostrazione di piazza, chiedendo con furiose grida una costituzione. Il re rispettò le apparenze, sdegnò ricorrere alla forza delle armi, e promulgò, il dì 29 gennaio 1848, un governo costituzionale con due Camere, la libertà della slampa, la responsabilità dei ministri e l'organamento generale della guardia nazionale; il ministro Del Carretto fu licenziato, e stabilissi un nuovo ministero sotto la presidenza del duca di Serra capriola, Ricomponevasi Napoli a quiete, ma nella Sicilia l'agitazione imperversava ; i Siciliani volevano separazione totale dell'isola dalla dinastia dei Borboni; volevano autonomia e indipendenza dal borbonico governo. Essendo stata protratta accanitamente la lotta tra le regie milizie ed i Siciliani, senza che le prime guadagnassero un solo palmo di terra, rigettarono i secondi ricisamente le proposte di conciliazione che venivano da Napoli, ed il Governo provvisorio di Palermo, la prima città d'Italia che spiegò la bandiera di rivolta in senso nazionale, presieduto da Ruggero Settimo, dichiarò, il 8 di febbraio, che la Sicilia non avrebbe deposte le armi se prima il Parlamento convocato in Palermo, non avesse adattata alle circostanze la costituzione, che l'isola non aveva mai cessato di possedere di diritto.
   Crucciavasi il re per la resistenza dei Siciliani, tanto più che le faccende si complicavano nell'Italia settentrionale, e gli Austriaci erano già alle prese cogl'ltaliani.