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La Patria. Geografia dell'Italia
Sicilia
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1893, pagine 684

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   l'arte Quinta — Italia Insulare
   dal nome del Balio (lat. Bàl-ius), le danze, le libagioni, i simposii, che gli scavi nei pressi del castello e delle torri addimostrano nei cocci, nei nummi ed in altri moltissimi cimeli!
   Teatro Cordici; Biblioteca comunale con un nascente Museo d'aniicliità; Circoli Erice, Patria, Operaio. Ospedale civico; Orfanotrofi San Rocco e San Carlo; Congregazione di carità. — Granaglie, olio, vino, soininacco, pascoli, cacio; cave di pietra calcare ordinaria e di bellissimi marmi, ma inattive. Fabbriche di cera e di formaggi, ecc. ; libreria e tipografia.
   Cenni storici. — Igtìt, Ery.c era il nome di una città e di una montagna nell'occidente della Sicilia a poco più di 3 chilometri dal mare. La montagna Mons Erxjx è, come abbiamo visto, un cono tronco perfettamente isolato che ergesi in mezzo di una bassa regione isolala, di che la sua altitudine apparisce assai più grande di quel che sia 111 effetto per guisa che fu creduto, così anticamente come ai dì nostri, la montagna più alta della Sicilia dopo l'Etna, quantunque la sua vera altezza non sia che di metri 750 circa. Noi troviamo quindi l'Erice esaltala da Virgilio e da altri poeti fra le montagne di primo ordine, l'Athos, l'Etna, ecc. :
   Quantus Athos aut quantus Ergx, aut ipse coruscis Quum frcmit ilicibus quantus, gaudetque nivali, Vertice se attólens pater Apenninus ad a lira a.
   Quanto il grand'Ato o '1 grande Erice a l'aura Non sorge appena o '1 gran padre Apennino Allor che d'elei la fronzuta chioma Per vento gli si crolla e che di neve Gioioso alteramente s'incappella.
   Vibg., Eneide, xii, 701, traduz. C.i ro.
   Sulla sua sommità ergevasi un famosissimo tempio di Venere o di Afrodite, fondato, secondo la leggenda, da Enea :
   Timi vicina astris Eri/cino in vertice sedes Fundatur Veneri Jdaliae.
   .....Àllor m cima
   De l'Ericinio giogo il gran delubro Sarse a Venere Idalia.
   Tito, Eneide, v, 759, traJuii. Cako.
   Da cotesto tempio la bella Dea degli amori derivò il nome di Ericina, come leggiamo in Orazio, in Ovidio, ecc. ; invece, secondo altri, Istor d'Eredi dette il nome alla città e al monte.
   Un'altra leggenda, seguitata da Diodoro, attribuisce la fondazione così del tempio come della città ad un eroe eponimo di nome Erice, il quale dicesi accogliesse Ercole nella sua visita a codesta parte della Sicilia e lottasse con esso lui rimanendone vinto. Codesto Erice era figliuolo di Afrodite e di Buie, re del paese, e perciò Virgilio allude reiteratamente a lui qual fratello di Enea, sebbene non gli attribuisca la
   fondazione della città: .....AVc lìtorix longc
   Fida rcor fraterna Eri/cis, portuque sicanos.
   Chè già presso i porti Ne son de la Sicilia e '! fido ospizio D'Erice tuo fratello.
   Quid, si quis coestus ipsius et Jferculis arnia
   Vidisset, tristemqae hoc ipso in Ut ore pugnami' Ilaec germauus Erix quondam tuus arma gerebat.
   .... Or che diria costui Se visto avesse i cesti e l'armi stesse D'Ercole invitto e l'infelice pugna Onde in su questo lito Erice cadde V D'Erice tuo fratello eran quest'armi.
   Vieg., Eneide, v, traduz. Cako.