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l'arte Quinta — Italia Insulare
senza molta difficoltà a sposare la loro causa, ed inviarono, nel 416 av. G., una squadra in Sicilia (Tucid., vi, 6 ; Diod., xn, 82). Vuoisi clie i Segestani ingannassero gii inviati ateniesi con una falsa mostra delle loro ricchezze; essi diedero però 60 talenti in danaro sonante e 30 dopo l'arrivo della squadra ateniese (Tucid., vi, 8, 46; Diod., xu, 83, ecc.).
Ma quantunque il soccorso a Segesta fosse per tal modo lo scopo originale della grande spedizione ateniese in Sicilia, questa città ebbe però poca parte nelle successive operazioni guerresche. Nicia, per vero, posto piede nell'isola, propose di procedere immediatamente a Salino e costringerla, coll'apparato di forze formidabili, a sottomettersi. Ma il suo consiglio non fu ascoltato: gli Ateniesi rivolsero le loro armi contro Siracusa e la lotta fra Segesta e Selino fu quasi dimenticata in quella ben più importante fra le due grandi potenze.
Nell'estate del 415 av. C., una squadra ateniese, veleggiando lungo la costa, si impadronì della pìccola città di Ilyccoro (ora Carini) presso Segesta e la diede ai Segestani (Tucid., vi, 62). I quali sono di bel nuovo mentovati in più di una occasione per inviar che facevano truppe ausiliarie ai loro alleati ateniesi, ma più non si parla d; essi. La sconfitta finale degli Ateniesi lasciò di bel nuovo i Segestani esposti agli assalti dei loro vicini, i Selinuntini, e, sentendosi incapaci a lottare con essi, fecero di bel nuovo ricorso ai Cartaginesi, i quali risolvettero di sposare la loro causa ed inviarono dapprima in loro aiuto 5000 Africani e 800 mercenarii Campani che bastarono ad assicurar loro la vittoria sui nemici nel 410 av. C. (Dio»., xm, 43, 44). Ma l'anno seguente Annibale sbarcò con grandi forze a Lilibeo ed, avviandosi difilato a Selino, la prese e la distrusse (hi., 54-58). A questa distruzione tenne dietro quella d'Ini era (Termini Imerese), e la potenza cartaginese fu saldamente stabilita nella porzione occidentale della Sicilia.
Circondata da ogni lato da questo formidabile vicino, Segesta cadde naturalmente a poco a poco nella situazione di un'alleata dipendente di Cartagine. Fu una delle poche città che rimasero fedeli a codesta alleanza anche nel 307 av. C., quando la grande spedizione di Dionisio nell' occidente della Sicilia e l'assedio dì Mozia parevano scuotere al tutto la potenza eli Cartagine,
Dionisio strinse per conseguenza d'assedio Segesta e Io spinse col massimo vigore, segnatamente dopo la caduta di Mozia; ma essa sfidò i suoi sforzi, finche lo sbarco d'Imilcone con forze formidabili cambiò l'aspetto delle cose e costrìnse Dionisio a levare l'assedio
Da quel tempo poco sappiamo più di Segesta sino a quello di Agatocle sotto il quale soffrì una grande calamità. Sbarcalo il despota nell'ovest della Sicilia al suo ritorno dall'Africa nel 307 av. C. ed accolto nella città quale alleato ed amico, tult'ad un tratto, sotto pretesto di disaffezione, volse le armi contro gli abitanti, ne mise 10,000 a fil di spada, saccheggiò le loro case e vendè le donne e I fanciulli come schiavi. Cambiò quindi il nome di Segesta in quello di Diceapoli e l'assegnò per residenza ai fuggiaschi e ai disertori ch'eransi raccolti intorno a lui (Diod., xx, 71).
È assai probabile che Segesta non si riavesse più intieramente da questo colpo ; ma essa ripigliò tosto il suo nome primitivo e ricomparisce nell'istoria qual città indipendente. Per tal modo essa è ricordata, nel 276 av. G., come una delle città che unironsi a Pirro durante la sua spedizione nell'ovest della Sicilia (Diod., xxn, 10).