i\HH
l'arte Quinta — Italia Insulare
Dell'interna geografia della Corsica nell'antichità poco o nulla sappiamo con certezza. Ne Stratone, nè Plinio ci danno il nome di alcuna delle tribù in cui la popolazione natia era senza dubbio divisa.
Il primo dice semplicemente che alcune parti dell'isola erano abitabili e contenevano le città dei JHesini, Cliara.ri, En icori ii e Vapani (Sthab., v, p. 224). Plinio ci dice che la Corsica comprendeva 33 civitates, oltre le 2 colonie romane, ma senza recare il nome di alcuna.
Tolomeo al contrario ci dà la lista seguente: 1 Cervini occupano la parte occidentale sotto monte d'Oro; seguono i 'lurrohcnii, i Titiani, i lìulutouii. Il promontorio più settentrionale è occupato dai Vunaceui, ai quali tengono dietro i Cilebensii, indi i Licnini, i M aerini, gli Opini, i Sinibri e i Comaceni e, più oltre a sud, i Bubasani „ (Tol., ni, 2, § G).
Nulla più si sa di alcuna di queste oscure tribù, le quali, come soggiunge Tolomeo, dimoravano in sparsi villaggi, oltre i quali ei dinumera nell'interno 14 civitates, tutte intieramente ignote. Anche le città ch'ei pone lungo la costa occidentale dell'isola mal si possono identificare con qualche certezza, dipendendo la loro situazione da quella dei promontori! e dei golfi, la geografia dei quali è in sommo grado incerta.
I nomi di codeste città sono i seguenti : Prcinium, l'anca, E ira ria e Marianum presso il promontorio omonimo. Sulla costa orientale i dati sono amtichcnò più precisi, i luoghi delle due colonie romane Aleria e Mariana essendo noti, come abbiam visto, con certezza ed attestati dalle rovine.
L'itinerario di Antonino altresì reca una linea stradale (la sola nell'isola) lungo codesta costa da Mariana a Pallae, città registrata altresì da Tolomeo, la quale era situata probabilmente a capo il golfo detto Portus Syrueusanus. Le stazioni intermedie fra esso ed Aleria erano il l'ortus Fammi (detto ancora al di d'oggi Porto Pavone) e Praesidium, a metà strada fra Porto Pavone ed Aleria e probabilmente un mero posto o presidio militare, come indica il nome.
Oltre codeste Tolomeo registra Rubra ed Alista ch'ei pone fra il porto Siracusano ed Aleria, e le città di Muntinum, Clunium, Centuria e Camelate, le quali tutte barinosi a cercare nella parte settentrionale dell'isola a settentrione di Mariana.
Nicea, che dal suo nome parrebbe, come già abbiamo detto, una colonia greca, ma è qualificata tirrenica da Diodoro, non è mentovata da alcuno degli antichi geografi e la sua situazione è al tutto ignota. È una congettura plausibile del Gluverio che la fosse quella stessa detta poi Mariana.
Dei prodotti naturali della Corsica nell'antichità il principale era il legname abbondantissimo ed inesauribile. Teofrasto parla con ammirazione speciale del pino e dell'abete che crescevano nell'isola e di cui i Romani facevano grand'uso nelle loro costruzioni navali.
Le medesime foreste producevano resina e pece ed abbondavano di api selvatiche, cotalchè il miele e la cera furono sempre fra le esportazioni principali dell'isola; e, in un'occasione, si legge in Livio, in Diodoro ed in Plinio ch'essi furono costretti a dare 200,000 libbre di cera in punizione di una rivolta. La longevità dei Corsi fu attribuita da alcuni scrittori al loro cibarsi copiosamente di miele e sì che ri miele corso aveva un gusto acerbo e spiacente agli stranieri pel pascersi che facevano le api dei fiori del bosso, come leggiamo in Virgilio (Ecl., ìx, 30), in Ovidio (Amor., ì, 12, 10) e in altri autori. Pecore, capre e vacche abbondanti, ma le prime vagarrti liberamente e semi-selvatiche pei le montagne. L'isola produceva però poco grano ed anche sotto l'Impero Romano la coltivazione degli alberi fruttiferi, della vite e dell'ulivo era quasi al tutto negletta.
Degli animali selvatici abbondavano al dir di Polibio (xn, 3, 4) le volpi e i conigli, ma non eranvi nè lupi, nè lepri, nè cervi; era anche sconosciuta la capra rupestre