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La Religione esposta in lezioni pratiche per le scuole
Volume I - La Fede
Can. Giulio Bonatto
Casa Editrice Marietti, 1932, pagine 160

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   ln che l'uomo è stato elevato all'ordine soprannaturale, e ad un fine ohe con le sole forze naturali non potrà mai né conoscere nè tanto meno conseguire; 2° che, praticamente, le masse umane non arriverebbero, come di fatto non arrivarono, nemmeno a conoscere quel minimum di verità, e a praticare quel minimum di doveri, che forma là religione naturale: onde questa resterebbe un privilegio di pochi (letture 3, 4).
   La maggioranza degli uomini non ha ingegno nè tempo per applicarsi alla speculazione filosofica, unico mezzo per raggiungere la verità. E i pochi privilegiati nemmeno essi arriverebbero al possesso intero della verità, senza mescolanza d'errore. Nessuno dei filosofi antichi andò esente da gravi errori teorici e pratici (lettura 5). È impressionante, in bocca a Platone e a Cicerone, la confessione della propria incompetenza a raggiungere la certezza di una verità così fondamentale come è l'immortalità dell'anima (1). Intravedevano, presentivano, non sapevano.
   Perciò Dio fece un passo incontro all'uomo. Intervenne Egli stesso a rivelare all'uomo le verità religiose, naturali e soprannaturali, di cui ha bisogno per ordinare la vita al suo fine. Parlò ad uomini scelti, e diede loro l'incarico di parlare a suo nome. Tali furono, nel Testamento antico, specialmente Mose e i profeti. E poi, giunta la pienezza dei tempi, venne Egli stesso, si fece simile a noi assumendo la natura umana, e insegnò la Verità religiosa. Tre anni di insegnamento, preceduti dall'esempio e suggellati dalla morte di croce, bastarono a Gesù per spandere sulla terra una luce che oscura ogn'altra luce e per collocarsi al centro della storia del mondo.
   Le fonti della rivelazione (2). — Gesù non scrisse nulla. Affidò solo oralmente agli Apostoli la sua, dottrina, e diede loro la missione di insegnarla : « Andate in tutto il
   (1) « Di qua non si esce: o il vero della toccata questione (dell'immortalità dell'anima) alcuno lo apprende da altri, o ritrovalo da se medesimo; e se ciò non può essere, ha da accettare uno .tei ragionamenti degli uomini, quello più probabile e meno facile a rigetti re, e su quello come su una zàttera passare in pericolo il mare della vita: salvo che non possa fare sicuramente suo viaggio su più saldo naviglio, cioè riposando in un ragionamento di Dio ¦ (Platone, Fed. 35, trad. Acri). — > Di queste opinioni (circa l'anima) quale sia vera, deus aliqui viderit: qunle sia la più verosimile, è gran questione» (Cicerone, Tuseul. I, 11).
   (2) Cfr. cap. VII, pag. 75.