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leonardo
I postulati hanno dovuto, cioè, rinunziare a quella specie di « diritto divino » di cui sembrava investirli la loro pretesa evidenza, e rassegnarsi a diventare, invece che gli arbitri, i « servi servorum » — i semplici « impiegati » — delle grandi « associazioni » di proposizioni che costituiscono i vari rami della matematica.
A questa stessa tendenza si riattaccano anche le esigenze relative al loro massimo « sfruttamento » alla riduzione loro al minimo numero, alla determinazione esatta
delle loro attribuzioni e della loro sfera di validità ecc.
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Una seconda conformità, non meno importante, tra pragmatisti e logici matematici sta nella loro comune ripugnanza per ciò che è vago, impreciso, generico, e nella loro preoccupazione di ridurre o decomporre ogni asserzione nei suoi termini più semplici: quelli che si riferiscono direttamente a dei fatti, o a delle connessioni tra fatti.
E per questa via che tanto gli uni quanto gli altri sono giunti, ognuno per proprio conto e a proprio modo, a riconoscere l'insussistenza di una gran parte delle distinzioni che, dalla logica scolastica, sono state trasmesse alle moderne « teorie della conoscenza », e ad assoggettarne altre ad analisi critiche dalle quali esse sono uscite in certo modo trasfigurate, restaurate, arricchite di nuovi e più importanti significati.
Così l'introduzione del concetto di « definizióne possibile » (Dfp.) ha fatto riconoscere chiaramente il carattere tutt'afFatto relativo della distinzione tra le « proprietà essenziali » di una data figura o ente matematico e le altre proprietà da esso possedute. Parimenti la distinzione tra proposizioni affermative e proposizioni negative, e quella tra proposizioni particolari e proposizioni generali, sono state assorbite nella sola e più importante distinzione tra proposizioni affermanti la dipendenza tra due. fatti (sparendo così la distinzione tra proposizioni generali categoriche e ipotetiche) e proposizioni affermanti la pos-