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Leonardo
Rivista d'idee

1907, pagine 326

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a cura di Federico Adamoli

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   un nuovo evangelista del socialismo
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   conseguenti diversi anticipi di lavoro o differimenti di consumo — presentava per lui il vantaggio di accentuare il più possibile l'importanza della distinzione, da lui stabilita, tra le spese di produzione che, come i salari e gli interessi, contribuiscono a determinare il prezzo di un dato prodotto, e le altre spese che, come in particolare le rendite pagate ai proprietari di terreni di fertilità superiore, non hanno alcuna influenza nel prezzo del prodotto. Certo egli non si sarebbe mai potuto immaginare che la sua frase, interpretata alla lettera e staccata dal contesto al quale si riferisce sarebbe stata assunta come base per una « teoria del valore » nella quale la quantità di lavoro, richiesta per la produzione delle varie merci, si sarebbe riguardata come la sola circostanza di cui tener conto per la determinazione del loro valore di scambio e nella quale l'interesse pagato per l'uso dei capitali si sarebbe qualificato come corrispondente a un' estorsione abusiva e illegittima a danno dei « veri produttori ».
   L'attitudine assunta dall'Effertz, di fronte agli economisti che affermano con Ricardo che la rendita o il prezzo corrisposto per l'uso della terra è da escludere dal computo delle spese di produzione, è precisamente l'opposta di quella assunta dagli scrittori socialisti di cui ho detto detto sopra. Mentre questi riguardano, a torto, tale dottrina economica (o almeno il suddetto tra i modi in cui essa è stata espressa) come una conferma delle proprie teorie sulle cause del valore, l'Effertz al contrario mi sembra abbia il torto di rappresentarla come assai più contraria e incompatibile, di quanto essa non sia veramente, colla nuova dottrina di cui egli si annunzia banditore. Questa dottrina è da lui formulata dicendo che. vi sono due specie di circostanze che contribuiscono a determinare il valore di scambio delle merci, cioè :