Non rispondo a G. d'Annunzio
Non pochi amici, in questi giorni, mi hanno pregato e scongiurato di rispondere a Gabriele D'Annunzio il quale, nell'apologia che ha messo innanzi a Pił che l'amore, ha nominato sč stesso, con verbosa burbanza,. « maestro legittimo degli italiani ».
Ma invece di rispondere al ben venduto scrittore io rispondo a voi, amici, e vi chiedo perchč dovrei colle mie parole far acquistare importanza agli sfoghi di un mercante di parole che ha fatto un cattivo affare. Io non fui mai tra gli « schiavi ubriachi » nč feci parte della » vii canizza gazzettante ». Non gettai nč fumo di mirra nč invidi sputi sulla faccia di Gabriele d'Annunzio. Soltanto, un giorno, sentii il bisogno di descrivere un fatto inconfutabile e per me piacevole : la fine del dannunzianismo italiano. Dopo quel giorno io non ho niente a che fare con il « Maestro illegittimo » degli Italiani. Quando cadde l'ultima sua tragedia dissi bruscamente il mio disprezzo per i piccoli ex-servitori che per la disfatta del loro padrone s'immaginavano di aver riacquistata non so qual libertą ma distinsi bene la questione morale dalla questione di persona o d'arte.
Se ora Gabriele d'Annunzio ha voluto, o per dispetto o per abile calcolo commerciale, far pubblica e prolissa confessione della sua enorme vanitą, dovrei seguire l'esempio di coloro che, facendo mostra degli stessi difetti suoi, gli hanno replicato, prendendo sul serio un accesso di alterigia nevrastenica o un trucco librario?
Ben altre cose abbiamo da fare pił importanti di queste : lasciamole ai gravi Pastonchi che hanno da farsi perdonare la confessata schiavitł passata e la nascosta schiavitł presente!
Volete discutere con un uomo che ribiascica ancora le frasi SoPra la « volontą imperitura » 1' « istinto agonale » e 1' « eterna