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leonardo
simo il momento in cui sarebbe divenuto inutile ogni sacrificio personale dei redattori. In seguito a ciò alcune persone ci avevano offerto di prendere per conto loro la gestione del Leonardo, facendolo diventar mensile e lasciando interamente a noi la direzione. Se avessimo altre anime tutto questo ci avrebbe fatto molto piacere. A poco a poco il Leonardo sarebbe divenuto un buon affare ; ci sarebbe stata una amministrazione regolare e forse dei guadagni e più tardi noialtri, invece di essere obbligati a spendere, saremmo stati pagati per la nostra opera.
Ma questa appunto è stata una delle ragioni per cui ci fermiamo. Il Leo7iardo non ha mai avuto, nella nostra mente, niente di commerciale e l'idea di avere accanto degli amministratori, e magari degli azionisti, i quali più o meno direttamente ci avrebbero forzato a modificare lentamente la nostra impresa per accrescere o per non diminuire gli utili, ci repugna completamente. Noi abbiamo scritto sempre per pochi, sapendo bene che le cose da noi dette potevano esser comprese e vissute soltanto da quelli che avevano anime ed esperienze simili alle nostre, e questa frotta di abbonati professori, dottori, avvocati, dilettanti che andava crescendo intorno a noi ha finito coli'annoiarci. Anche involontariamente un giornale diventa ciò che vogliono i suoi lettori e per quanto abbiamo resistito abbastanza fino ad oggi sarebbe impossibile continuare a far concessioni a quelli che ci seguono.
Il Leonardo deve sopportare il destino di tutte le cose che hanno una certa fortuna. Finché s'è in pochi e si combatte, da soli, contro tutti, non ci son pericoli di transazioni e di degenerazioni. Appena si comincia a far del rumore la gente viene intorno e i curiosi, gli snobs, gli interessati, gli arrivisti, gli adulatori, i paurosi si mettono a batter le mani, a far complimenti e ad offrir servigi. Si finisce, a questo modo, soffocati in un terribile circolo vizioso. Il fatto di esser soli ci permette di esser nuovi e indipendenti e queste qualità attirano la