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II Leonardo è stato sempre da noi considerato come un apparecchio per eseguire determinate esperienze sull'anima vile italiana. Dopo cinque anni di queste esperienze, dopo aver cercato con questa rivista e con altre opere, di scoprire uomini, di svegliare e trasformare anime, di trovare giovini che fossero per noi compagni e schermidori e non pappagalli male ammaestrati, ci siamo persuasi che non vai la pena di continuare. — Quelli che abbiamo trovato — o meglio ci hanno cercato — ci sono apparsi, in fondo, non troppo dissimili dagli altri. Erano diversi in quanto parlavano di cose nuove e rispettavano autorità prima non rico-sciute ma non diversi per anima, non diversi per vita morale. Ma questo è ciò che conta per noi e perciò abbandoniamo l'improvvisata professione di « pescatori di anime ». Noi abbiamo certamente ottenuto qualche cosa. Abbiamo fatto conoscere agli italiani dottrine e uomini che per loro erano ignoti — abbiamo discusso e combattuto con fortuna scuole vecchie e nuove o rinascenti, quali sarebbero il positivismo, il modernismo cattolico, il neohegelismo — abbiamo imposto all'attenzione delle persone prudenti soggetti e studi troppo disdegnati — abbiamo contribuito a far cambiare il tono ipocrito e melato che regnava nelle discussioni intellettuali e abbiamo mostrato con l'esempio che le idee non sono delle parole che s'imparano ma delle cose vive che si posson vivere, godere ed uccidere.
Ma tutto ciò non è abbastanza per noi. Siamo sempre stati dei megalomani e sempre perseguitati dal bisogno di proporci e di conseguire fini grandiosi. Sia per fretta 0 per impotenza non siamo riusciti e abbandoniamo la nostra maggiore arma. Il Leonardo è venuto fuori da un lungo periodo di fremebonda e laboriosa solitudine e ora noi torniamo un po' inquieti e un po' fiduciosi alla solitudine che lasciammo or son molti anni con tanti sogni nel cuore.
Noi lasciamo volentieri il posto agli altri. Il Leonardo ha già prodotto delle imitazioni ed è questo