Stai consultando: 'Leonardo Rivista d'idee', Anno 1907

   

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Leonardo
Rivista d'idee

1907, pagine 326

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a cura di Federico Adamoli

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   tativo della media : fortunato e senza idee, non si rompe la mente nè si spezza il cuore, va dove il sentimentalismo lo porta, gridando pace accanto a guerra, mescolando umanità con patria, volendo oggi la rivoluzione e offrendo domani l'autocrazia, senza mai curarsi se tutte queste belle cose vanno d'accordo fra loro, d'accordo con il mondo e d'accordo con la sua testa.
   Egli è pittorico — non bello ; era un particolare colorito dell' Italia, necessario a questa terra quando i lazzaroni, i suonatori d'organetto e le venditrici di frutta ci rappresentavano all'estero. Ma ora di questi particolari coloriti ne abbiamo abbastanza. Verdi e Garibaldi ci hanno seccato. È passato il tempo del sentimentalismo oleografico e dell'azione patriottica. Se pensiamo alla patria ci pensiamo come ci avrebbe pensato Mazzini : come un dominio spirituale. E d'altra parte non sono certo le vistose e becere uniformi rosse che ci potranno condurre anche a una vittoria materiale di cui ci infischiamo.
   Anche questo è da dirsi : le nazioni che han voluto far da nazioni prima di esserlo han fatto sempre triste figura. E noi veramente appena ora cominciamo ad escire da quella che era una espressione geografica, anzi, peggio, un'espressione burocratica. Il nostro Risorgimento è venuto troppo presto : prima bisognava rifarci l'anima e dopo darci uno Stato. Per conto mio, a costo di passar per retrogrado, non trovo che l'Italia divisa in staterelli avrebbe poi tanto sofferto intellettualmente. Credo anzi che una diecina di piccole corti confederate avrebbero mantenuto di più nelle nostre antiche cittadine il senso di capitale che dà loro una forte personalità. Lucca e Siena, Modena e Parma, Torino e Venezia, vivono più personalmente delle città di Francia perchè una Parigi centrale non ne ha succhiate tutte le energie. E la noia di avere il passaporto in tasca girando per l'Italia, mi pare che non sia grave per chi con esso potrebbe vedere conservata maggiormente la fisionomia locale. Penso alla Germania : essa fu grandissima prima della unità, e 1' unità fu il resultato della sua grandezza spirituale. Che ci importa che nascessero in piccoli stati, in stati separati, in stati divisi gli uomini che ci hanno dato il Romanticismo e la Filosofia idealista ? Certo : ora i geni italiani non posson nascere che nella Roma intangibile, dove duecentomila impiegati e figli di impiegati sono stati trasportati per innalzare l'ambiente spirituale e riprendere le grandi tradizioni; Goethe si contentava, è vero, di vivere a Weimar: ma i letterati dell'Ara-gno dicono che era un barbaro e tornano ai loro bureaux a scrivere