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leonardo
riorità. La vita, per il Croce, è l'assoluto individuale — mentre il pensiero è l'assoluto universale : come volete fare di quella una cosa più larga di questo ? e infatti, anche per me ; la vita è per essenza una cosa molto ristretta; perchè in fatto di vita non si può vivere che una sola vita. Noi siamo costretti a ogni momento a scegliere fra mille possibilità e ucciderne novecentonovantanove per viverne una sola e ciò accade per ogni momento della nostra esistenza. V' è di più : non è possibile una vita seria che a patto d'esser ristretta. Il dilettante invano si mette per programma a gustare tutte le vite, a passare da un esistenza a un'altra : invano ! perchè egli non fa che adattarsi addosso le forme esterne, non l'intimità, e non può mai gustare e non può mai vivere la vita senza riserve e senza l'arrière-pensée di cambiare ; non può vivere le vite definitive e assolute, non può prendere le decisioni per l'eternità. Perciò il dilettante è un uomo dai mauvais calculs : un perenne disingannato, che non vive che una sola vita, credendo di viverne cento.
Il pensiero invece non ha queste incompatibilità : un vero filosofo deve anzi sapere abbracciare tutti i pensieri degli altri filosofi, anzi per gli hegeliani deve essere la sintesi di tutti i filosofi che l'hanno preceduto e non sentirsi che come l'ultimo attimo del pensiero umano che riflette su se stesso. Anche senza di questo, però, è chiaro che il pensiero è più largo della vita — ed è l'unico modo pel quale sappiamo le vite altrui, non cosi veramente e profondamente come quando noi viviamo, ma sempre abbastanza per poterci dirigere o allontare da quelle. Il pensiero è impersonale, è astratto, è generale : è il campo sul quale si può discutere e trattare — anche per dissentire ;. ma come discutere la vità ? la vita si vive, e, direi, si muore : e morto l'attimo, è irreperibile : nessuno, neppure io troverò più questo stesso istante passato : io l'ho vissuto, l'ho voluto, ed esso è tramontato per sempre. Nessuna meditazione sulla morte dà questo gusto melanconico della inevitabilità e della caducità nostra.
Ma appunto da questo scaturisce la superiorità della vita sul pensiero : perchè essa è inevitabile e irreperibile : perchè ogni suo istante è un giudizio eterno, e accumula sopra sè tante responsabilità quante si dice ne accumuli un'anima dopo il suo passaggio nel mondo. Il carattere tragico e morale di questo incalzare di istanti è in questa nostra impossibilità di evitarli ; il nostro obbligo di dovere sempre scegliere, e di scegliere per sempre, senza mai poterci tornare su e ripensarci, insomma, proprio la ristret-