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Maria Stuarda
Tragedia in cinque atti
Federico Schiller
Editore Remo Sandron, 1925, pagine 171

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   XIV
   FEDERICO SCHILLER
   Alla moglie poi, che lamenta che i figli si addestrino troppo per tempo all'uso dell'arco, oppone questa saggia massima :
   Chi vuol nelL'arte diventar maestro Eserciti i primi anni.
   E a lei ancora, che chiede ansiosa se mai anch'egli si trovi tra i congiurati del Rutli, risponde schietto :
   Non lo son, ma quando Mi chiamasse la patria, inoperoso Non potrei rimaner;
   e poiché essa osserva che a lui sarà certo affidato la parte più rischiosa, dichiara senz'altro che ciascuno deve pagare in proporzione di ciò che possiede :
   In ragione all'aver cade il tributo.
   Questa serenità e grandezza d'animo, questo profondo senso di umanità e di giustizia, questa semplicità meravigliosa di detti, di atti e di modi, danno tutto un fascino particolare a questa magnifica figura di eroe, che deve aver fatto tremare di compiacenza il cuore gentile del suo grande creatore.
   Anche le altre figure sono finemente e felicemente disegnate, ma, contrariamente a quanto avviene negli altri drammi dello Schiller, la vivacità del loro profilo si attenua nell'ombra che su di essa stende l'assorbente figura del Teli. Tra esse primeggia, senza dubbio, quella sinistra del Balivo, che, come l'ombra di Cesare, nel Giulio Cesare dello Shakespeare, incombe su tutto il dramma, sebbene non faccia che due brevi comparse sulla scena. Il poeta ha accumulato su di lui tanto odio e tanta perversità che ciascuno lo vede, anche se non è presente.
   Seguono quella venerabile del vecchio Werner di At-tinghausen, ardente di amor patrio, grande nella vita e