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Maria Stuarda
Tragedia in cinque atti
Federico Schiller
Editore Remo Sandron, 1925, pagine 171

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   ATTO QUARTO — SCENA III. 130
   Sensi di temperanza e di grandezza Che nel Consiglio vi snodai- la lingua? È dunque la Stuarda una nemica Spregevole così per non bruttarsi D'un inutile sangue? Accorto avviso! Sottilissimo ingegno ! Atte mi duole Che la punta si franga acuta troppo. Leicest. Seguimi, indegno! Alla real presenza
   Mi darai dell'insulto ampia ragione! Cecilio Io v'aspetto colà, ma procacciate, Conte, che non vi muora.no al bisogno Le parole sul labbro, (parte)
   SCENA IV. Leicester, indi Mortimer.
   Leicest. Io son tradito !
   Esplorato son io !... Lasso! in che modo Ha spiati il ribaldo i miei vestigi? Se costui 11' ha le prove, e la, regina Pervenisse a scoprir le mie segrete Intelligenze con Maria... Deh quanto Colpevole mi faccio agli occhi suoi ! Come iniquo, sleale, insidioso Il mio sforzo si rende, il mio consiglio Per allettarla a Forteringa Irrisa Per mia sola, cagion ! Per me tradita Alla donna che abborre. alla rivale! Ah, più mai non ispero il suo perdono ! 1 utto con arte le parrà disposto ; Anche il fin del colloquio, anche il trionfo, Anche lo scherno della sua nemica ! Sì, lo stesso omicida (inopinata. Orribile sventura!) io l'avrò compro, Io del pugnai secretamente armato.. No, più scampo non veggo. Ali!... chi s'appressa Mortim. (entra agitato e guardandosi intorno)