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Maria Stuarda
Tragedia in cinque atti
Federico Schiller
Editore Remo Sandron, 1925, pagine 171

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   ATTO QUARTO — SCENA III.
   121
   Per la vergogna sollevar la fronte ! Come la mia fralezza, avrà derisa ! Avvilir mi credetti una superba, E bersaglio mi feci a' suoi motteggi ! 205 Cecilio Vedi se la, mia, voce era fedele!
   Elisab. Oh ! punita ne sono, e gravemente, Dell'avermi un istante allontanata Dal vostro saggio consigliar ! ila, come Negar fede al suo labbro? e ne' più caldi 210 Giuramenti d'amore, una perfidia, Un inganno temer? Di chi fidarmi S'egli stesso tra,dimmi? egli eli' io feci Il più grande de' grandi, il favorito Più vicino al mio core? a cui permisi 215 Nella, stessa mia reggia un'assoluta. Arroganza di re !
   Cecilio Ma nondimeno
   Ti tradì, sconoscente, alla bugiarda, Lusinghiera Maria.
   Elisab. Col proprio sangue
   Sconterà quell' iniqua il grave oltraggio ! 220 È già pronto il mandato?
   Cecilio Inadempito
   Non rimase il tuo cenno : esso è già pronto.
   Elisab. Muoja la scellerata ! e spettatore Sia quell' ingrato della sua caduta, Indi cada egli stesso ! Io l'lio per sempre 225 'Cancellato dal cor; l'affetto è morto, Nè più m'accende che vendetta e sdegno. Quanto il loco ove siede è più sublime, Tanto più vergognosa e più mortale La caduta sarà. Voglio che sia 230 Di severa giustizia un monumento, Come lo fu di debole indulgenza. Si traduca alla Torre : 5 io farò scelta Di giudici suoi pari, e l'abbandono
   5 alla Torre : alla famosa Torre di Londra, un tempo residenza reale e poi prigione di Stato e museo d'armi.