ATTO QUARTO — SCENA VI.
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SCENA YJ.
1 precedenti. Leicester spalanca impetuoso la porla.
Leicest. Vo' l'audace veder che. proibirmi Osa le soglie della mia sovrana !
Elisab. Tracotante!
Leicest. lo respinto? Ov' ella sia
Cortese di sua vista ad un Cecilio, A me pur lo sarà.
Cecilio Voi siete, o conte,
D'un mirabile ardir nel farvi beffe Dell'espresso divieto, e qui venirne.
Leicest. E voi d'una mirabile arroganza D'assumere la voce in questo loco ! — Un espresso divieto? Avvi qui labbro Che dar licenza, o proibir mi possa? (si accosta osse
quioso alla regina) Dalla sola adorata...
Elisab. Inverecondo !
Lungi dagli occhi miei !
Leicest. Non la mia buona
Elisabetta, ma Cecilio io sento, Cecilio il mio nemico, in queste acerbe Non merlate parole ! Io non invoco Che la mia buona Elisabetta ! Ha i data Udienza a costui? La grazia istessa Ora chieggo da te.
Elisab. La vostra colpa
Fate maggior ; negatela, perverso !
Leicest. Che si parta da noi questo importuno. Scostatevi, signore! Il mio colloquio Colla regina testimon non soffre.
Elisab. (a Cecilio) Rimanete ! io l'impongo.
Leicest. A che fra noi
Questo terzo? Alla sola aprirmi deggio Mia diletta sovrana. Io de' miei dritti, Che sacri sono, la ragion difendo;