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Maria Stuarda
Tragedia in cinque atti
Federico Schiller
Editore Remo Sandron, 1925, pagine 171

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   ATTO QUARTO — SCENA VI.
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   SCENA YJ.
   1 precedenti. Leicester spalanca impetuoso la porla.
   Leicest. Vo' l'audace veder che. proibirmi Osa le soglie della mia sovrana !
   Elisab. Tracotante!
   Leicest. lo respinto? Ov' ella sia
   Cortese di sua vista ad un Cecilio, A me pur lo sarà.
   Cecilio Voi siete, o conte,
   D'un mirabile ardir nel farvi beffe Dell'espresso divieto, e qui venirne.
   Leicest. E voi d'una mirabile arroganza D'assumere la voce in questo loco ! — Un espresso divieto? Avvi qui labbro Che dar licenza, o proibir mi possa? (si accosta osse
   quioso alla regina) Dalla sola adorata...
   Elisab. Inverecondo !
   Lungi dagli occhi miei !
   Leicest. Non la mia buona
   Elisabetta, ma Cecilio io sento, Cecilio il mio nemico, in queste acerbe Non merlate parole ! Io non invoco Che la mia buona Elisabetta ! Ha i data Udienza a costui? La grazia istessa Ora chieggo da te.
   Elisab. La vostra colpa
   Fate maggior ; negatela, perverso !
   Leicest. Che si parta da noi questo importuno. Scostatevi, signore! Il mio colloquio Colla regina testimon non soffre.
   Elisab. (a Cecilio) Rimanete ! io l'impongo.
   Leicest. A che fra noi
   Questo terzo? Alla sola aprirmi deggio Mia diletta sovrana. Io de' miei dritti, Che sacri sono, la ragion difendo;