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Maria Stuarda
Tragedia in cinque atti
Federico Schiller
Editore Remo Sandron, 1925, pagine 171

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   MARIA STI ARDA
   E bramo e voglio che da noi si tolga Questo inciampo odioso.
   Elisab. Atte, convienvi
   L'arrogante linguaggio !
   Leicest. Esso conviene
   Al felice mortai che il tuo favore Ha tra mille preferto, e da costui E da tutti diviso e sublimato. Nell'altezza ov'io seggo amor mi pose, Né sapran, fin ch'io viva, a Dio lo giuro! Dal mio grado balzarmi. — Egli si parta ! Non adopro, o regina, a farti paga Che due brevi parole.
   Elisab. Oli non potrete
   Colle vostre parole affascinarmi !
   Leicest. Affascinarti? Un vantator lo seppe. Al core io vo' parlarti ; al cor soltanto Darti piena ragion di quanto osai, Benamata, sovrana, in te fidando. Giudice all'opre mie non riconosco Che il solo affetto della mia regina.
   Elisab. E questo, audace, a condannarvi è primo. (a Geoilio) Dategli quello scritto!
   Leicest. (osservandolo) Io lo conosco,
   È di Maria.
   Elisab. Leggete, ed ammutite !
   Leicest. (dopo averlo letto placidamente) L'apparenza m'accusa, io lo confesso; Ma giudicato non verrò, lo spero, Dalla sola apparenza.
   Elisab. Or via, negate
   Che v'apriste con essa una furtiva Intelligenza : che n'aveste in dono L'effigie sua; che rompere giuraste Le sue catene.
   Leicest. Agevole credenza
   Pur negando otterrei sull'infedele Attestar d'una perfida nemica : Ma sereno è il mio core, e ti confesso