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Maria Stuarda
Tragedia in cinque atti
Federico Schiller
Editore Remo Sandron, 1925, pagine 171

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   ATTO QUINTO
   — SCENA ULTIMA.
   147
   Si dischiuse il cancello, e nell' interno Vidi... Oli Dio!
   Meev. Fa-te cor... Che mai vedeste?
   AI Alton. Di graniaglia vestita ogni parete; Un palco in mezzo di funereo panno Tutto quanto coperto, e sovra quello Un ceppo, un origliero, e lì vicina Una lucida scure, fi la gran sala-Di popolo gremita,. Ognun s'accalca All'orrendo apparato, e l'infelice Vittima aspetta con avidi sguardi.
   Le donne I'ietà, Signor, della meschina!
   Meev. TI pianto
   Cessate! Ella s'avanza.
   SCENA VI.
   / precedenti. Maria vestita- di a ti pomposo abito bianco: al colto ha mia catena d'oro da cui pende un Agnus Dei: un Rosario alla cintura, un Crocifisso nelle mani, ed un diadema sui capcgli. Un gran velo nero. ''assicurato all'estremità della testa, cade e si raccoglie dietro alle sue spalle. Al suo venire i circostanti si dividono in due parti con segni di profondo dolore. Melville, per ini moto involontario, piega a terra il ginocchio.
   Maria (guardando i circostanti con tranquilla dignità)
   A che piangete? A che vi lamentate? or che dovreste Rallegrarvi con me, che terminate Sono aitili le mie pene, aitili cadute Le mie ritorte e la- prigion dischiusa! Or che librato sugli eterei vanni Poggia lieto il mio spirto all' immortale Libertà de' celesti ! — Allor ch'io venni Della superba mia. nemica- in braccio,