MARIA STI ARDA
Elisab. (esaltata) Regina
D'Inghilterra, son io! (passeggia con vivacità)
Vanne! mi chiama..., No... rimani !... Ella è spenta!... Un'orma alfine Stampo in suol che non crolla... A che m'assale Questo tremito? Un sasso, un freddo sasso La mia tema ricopre... E chi potrebbe Apponili il sangue della mia rivale? Lagrime agli occhi miei non mancheranno Per far lamento dell'uccisa... (vede il paggio)
Ancora
Non ti partisti?... A Dàvison dirai
Di qui venirne ; va di Talbo in traccia...
Egli stesso qui vien ! Parti! (il paggio parte).
SCENA XIII.
Elisabetta. Talbo.
Elisab. Ben giunto,
Nobile Talbo ! Che recate? Al certo Non è lieve cagion che vi conduce In quest'ora inusata.
Talbo Eccelsa donna !
Sollecito il mio cor della tua fama, Mi condiis.se alla. Torre ove sono posti ( 'urlo e Navè, dimestici e vassalli Della Stuarda; chè desìo mi prese Di far novellamente esperimento Del costoro deposto. Il guardiano, Atterrito e sospeso, in pria, negava D'additarmi i prigioni, e non m'aperse Che per minacce il proibito ingresso. — Gran Dio! qual vista mi .s'offrì! Le chiome Rovesciate sul volto, e fieramente Esterrefatte le pupille, io vidi