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Intanto il fratello Carlo (1799) e la sorella Paolina (1800) gli crescevano a fianco sullo stesso stampo suo, da parere che fossero fra di loro meglio fratelli, che con gli altri figli venuti dopo (Patrizi, 78).
Sentendosi l'un l'altro attratti da affinità di carattere, vivevano in una specie di lega: amavano le stesse cose: provavano le medesime antipatie o si confidavano tutti i segreti. Che poi si volessero un bene dell'anima (I, 97), traspare perfino dalle espressioni che si scambiavano affettuosissime. Giacomo soprannominava la sorella don Paolo, perchè, portando sempre i capelli corti e una stretta vesticciuola di colore oscuro, nella sua fanciullezza, sembrava un abatino (Pierg., Lett. scrit., pag. XXI).
Ella, per converso, chiamavalo Giacomuccio (Lett. n. 36), Muccio mio (n. 07), caro Mucciaccio (n. 84), caro Muccietto (n. 119): e tutti e due usavano verso l'altro fratello il vezzeggiativo di Carluccio, pel quale Giacomo era il caro Buccio mio (n. 22-53).
Carlo, che fu il ritratto della madre, di cui aveva i begli occhi di zaffiro (Teresa Teja-Leopardi, 29), benché di mente aperta, non potè compiere tali azioni da meritare l'immortalità, perch'ebbe assai minore del primogenito l'impulso del volere (Patrizi, 71). Cresceva di vantaggiosa statura, fatticcione; e quando fu a matura età, divenne melanconico e inerte. A lui volle alludere il Nostro, colla iscrizione seguente: — Ossa — di Filippo Ottonieri — nato alle opere virtuose — e alla gloria — vissuto ozioso e disutile — e morto senza fama — non ignaro della natura — nè della fortuna — sua — (Operette morali).
Paolina, che, per sua confessione non fu punto bella (Lett. sua alla Brighenti, settembre 1831), di viva immaginazione, di gran sentimento, educata in un mondo tutto ideale, era cucita a fil doppio coi due fratelli