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fenderne i privilegi (Piergili, Monografia di Monaldo, 9). Egli si vantò di essere stato l'ultimo spadifero dell'Italia, perchè solo nel 1798 smise in parte l'antica foggia di vestire dei nobili.
Propostosi di emulare la fama dei letterati, che fra gli avi lo avevano preceduto, supplì collo studio degli antichi alla scarsa istruzione ricevuta. Già nel 1805 eresse in casa sua un'Accademia poetica, che in pochi giorni trasse dalle ceneri l'antichissima de' Disuguali, sorta in Recanati nel 1400; e, fattane una stessa con quella, ne sostenne le spese e fece di tutto perchè fiorisse (Autobiogr159). Poi, nel tempo che, sottoposto ad economato, si trovò libero d'ogni pensiero intorno l'azienda domestica, si diede ad ordinare la sua libreria, che fin dal 1795 aveva cominciato a mettere insieme con gran cura.
Aveva trovato in casa una sola piccola camera, nella quale stava qualche centinaio di tomi, ed egli l'arricchì di ben 22 mila volumi e di molti manoscritti di valore (Avòli, Appendice all' Autobiogr., 181).
Dal 28 luglio 1803 al 10 febbraio 1820, in cui rimase interdetto dall'amministrare il patrimonio, non si occupò che di studi e della prole, senza muovere lamento per essere sotto tutela. Onesto e gentiluomo, tali volle che crescessero i figli, ai quali porse costante esempio di probità. Fu di cuore veramente buono, perchè, costretto a permettere che l'altrui volontà comandasse alla sua, non solo non si ribollò, ma rese omaggio alla moglie per la sua economia; come pure, addolorato che i figli diffidassero di lui, fino a non fargli leggere le lettere, li perdonò, augurandosi che fosse venuto il giorno, in cui avesse potuto loro aprire il cuore, per mostrare quanto li amasse (Piergili, Lettera, 6 dicembre 1822).
Riponeva poi la felicità nel vivere unito alla fida