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ni, Egli soffrì un profondo turbamento in ogni sua manifestazione psichica, sia nella intelligenza, che nei sentimenti.
Sopravvivendo a questa lotta per l'esistenza, rimase uno di quegli esseri, che, mutilati nelle battaglie vitali, non possono più affrontarne altre, e sono definiti nèurastenici, come quelli che, esaurita l'energia de' centri nervosi, rimangono incapaci di malattie acute. Lo confermò il Leopardi stesso in quella letterina che scrisse da Firenze nel 1833, per rassicurare i suoi a Recanati, che era falsa la voce corsa fin là della sua morte : La mia macchina (così dice anche il mio eccellente medico) non ha vita bastante a concepire una malattia mortale „ (II, 515).
Cause precipue: la discrasia del sangue e la rachitide congenita, sviluppata da una educazione claustrale e da studi precoci e disparati (Ridella, 365).
Dunque errò coll'usare dell'ingegno al di là della discrezione. Per la qual colpa ebbe inevitabili molti incomodi e disturbi, l'indebolimento generale di tutti gli organi, specie della vista, ed una permanente deformità.
Se invece fosse stato corretto, o per lo meno rat-tenuto dalla mania dello studio, nella quale, per lo contrario, fu infervorato ; Egli non difettava d'altre attitudini, coltivando le quali, avrebbe trovato una piacevole e salutare distrazione dell'animo. A modo d'esempio : il Leopardi, fin da fanciullo, disegnava con grazia, a quanto appare da alcune immagini di Santi da lui delineate, e dai rabeschi che adornano le copertine delle sue composizioni. Ma siccome in famiglia non trovò tradizioni per il disegno, nò incoraggiamento, uè modo per apprenderlo, lasciò del tutto inascoltata questa voce della natura, che in lui fini collo spegnersi. Laonde, sia per questo, che per la sua miopia, la