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4. — Il Giordani avea concepito il disegno d'andarlo a visitare, e glielo partecipò, perchè volea fargli interrompere un poco i suoi studi, dargli un orecchio e un cuore che volentierissimo ricevessero le sue parole (III, 94).
Era da un solo anno e mezzo che Giacomo studiava Belle Lettere,,; ma la crisi della pubertà e la fatica stragrande, durata per far tesoro d'una erudizione la più pellegrina, l'aveano stremato di forze. Per cui, non potendo attendere a nuovi lavori, faceva stampare dallo Stella quelli che aveva fatto l'anno avanti.
Dalle versioni e dai commenti moveva i primi passi verso la creazione ; però, non sapendosi svincolare da quel mondo antico, dove avea dimorato si a lungo, apparve più greco dei greci.
Spedì adunque all'editore Stella un lavoretto, compiuto fin dal marzo 1816 (I, 44). Era una versione in endecasillabi d'un preteso Inno a Nettuno, del quale ms., inviato allo Stella, gli fu cambiato, non si sa da chi, l'indirizzo. Il Nostro assicurava l'Acerbi (I, 50), che Egli l'aveva fatto scrivere sotto i propri occhi dal suo segretario, ch'era Paolina (I, 15, nota 1). Riavuta la fascia, notò che il carattere non era dell'estensore delle sue lettere (I, 50). Per la qual cosa fece restituire il ms. allo Stella, che lo pubblicò nello Spettatore. La traduzione era preceduta da un Avvertimento, in cui l'A. diceva che un suo amico di Roma, nel rimuginare i pochissimi manoscritti di una biblioteca, il 6 gennaio dell'anno corrente (1817), aveva trovato in un codice tutto lacero, di cui non rimanevano che poche pagine, quest' Inno greco. L'avea spedito a Lui, con preghiera di tradurlo e darlo alle stampe; ed Egli eseguiva la proposta, dando al pubblico la nuova della scoperta, la traduzione dell' Inno con alcune note, e la