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Italiana. In caso contrario, avesse restituito il ms. allo Stella, facendosi anche pagare la spesa incontrata per riscuoterlo dalle Poste.
Il Pellegrini, ch'ebbe dal sig. Gussalli di Milano l'originale, che donò alla Braidense, dove ora si conserva, ne scrisse così: — Queste Iscrizioni sono chiamate Triopèe da Triopio, che fu piccolo Borgo a tre miglia da Roma, nel quale Erode Attico, uomo famoso di Lettere, nobiltà, liberalità e ricchezze, le collocò, onorando la memoria della sua consorte Anna Regilla. Scritte e dedicate in sul finire del 2° secolo dell'era cristiana, stettero sepolte e ignorate sino al principio del diciassettesimo. Come pure dissotterrate e vedute dagli eruditi, vennero tosto pubblicate, tradotte, illustrate. E. Q. Visconti ne diede nel 1794 una edizione, per ogni rispetto, eccellente e compiuta. Il Leopardi, giovanissimo, leggendole, ne fu ammirato, e s'invogliò di ritra-durle. (Pellegrini, voi. II, pag. 263 dell' Epistolario).
A Recanati, il manoscritto è di sesto comune in 16°, rilegato alla rustica; e mentre l'anno prima (1816) Giacomo l'avea ricopiato in carattere chiaro, nitido e correttissimo; in questo 1817 non vi avea potuto fare nemmeno l'indirizzo.
Eppure, non ristava dal farsi vivo. Fra i manoscritti fiorentini, il De Sinner classificò la Lettera al Ch. P. Giordani sopra il Dionigi del Mai, Recanati, 7 luglio 1817 (Piergili, Nuovi Doc., 41), ch'era stata diretta all'amico da Giacomo, con una sua del 16 gennaio. Per cui era lavoro compiuto nel 1816.
Il Giordani ed altri credevano che que' frammenti fossero un sunto dell'Archeologia romana di quell'A. Il Leopardi fu il solo che, in Italia, li giudicò brani de' libri perduti di quella Storia (Montefredini, 337). Tanto singolare e vasta era la sua profonda conoscenza di tutta l'antichità !